Nel 2013 c'erano tutti gli ingredienti per finire in una profonda crisi. In effetti l’economia albanese, stretta in una tenaglia tra il crollo della Grecia e la crisi dell’euro in Italia, è stata colpita da un grave rallentamento. Ma cinque anni dopo lo scenario è cambiato. In quella che era definita “La Corea del Nord d’Europa” il Pil corre ora al ritmo del 4,2%, guidato da una valuta nazionale in rafforzamento e dalla crescita a due cifre delle esportazioni in vari settori: agricoltura, estrazione, produzione, energia, turismo e servizi alle imprese.
In un momento in cui le economie dei mercati emergenti, come Argentina, Turchia, Nigeria e Sud Africa, vedono crollare le loro valute e aumentare i tassi di interesse, l'Albania va in controtendenza. Ha il costo del denaro più basso mai registrato nella sua storia. E il reddito pro-capite in Albania è ora pari al 25% di quello della Germania. Tuttavia, anche se riuscisse a mantenere lo stesso tasso di crescita dell’economia negli anni futuri, Tirana impiegherebbe 32 anni per raggiungere il livello attuale del reddito pro-capite di Berlino.
A parte il boom dell’export e l’apprezzamento della moneta, come è stato possibile? A differenza di altri premier di altri paesi in difficoltà che hanno chiesto aiuto all’Fmi quando ormai era già tardi per invertire la rotta, il primo ministro Edi Rama ha chiamato il Fondo non appena è salito al potere nel settembre 2013. Il suo governo ha poi negoziato un programma triennale terminato con successo quasi due anni fa: le finanze pubbliche sono migliorate (il rapporto debito/Pil continua a scendere) e gli investimenti statali sono in forte aumento.