Il timore del crimine finanziario frena gli affari in Medio Oriente e Nord Africa (Mena), allontanando gli investitori e le imprese straniere che preferiscono dirottare i capitali verso aree meno rischiose: lo rileva un sondaggio di Thomson Reuters, ponendo l’accento sui possibili danni finanziari e reputazionali dovuti alle violazioni normative.
Il rapporto, presentato a Londra giovedì 24 maggio, è stato condotto online nel mese di marzo 2018 e più di 2 mila senior manager di grandi organizzazioni globali hanno completato il sondaggio, rispondendo da 19 paesi.
Per la prima volta la rilevazione di Thomson Reuters è riuscita a quantificare il valore (perso) imputabile al crimine finanziario: si tratta del 3,5% del fatturato aziendale per le 2.373 grandi aziende che hanno partecipato al sondaggio. L’incredibile cifra di 1,45 trilioni di dollari.
I proventi delle attività illecite – per coprire corruzione, frodi e traffico di stupefacenti – vanno a finanziare il terrorismo e altri contesti caratterizzati da violazioni dei diritti umani come la schiavitù, il lavoro minorile e i crimini ambientali. E, come dimostrato anche dall’Fmi, il crimine finanziario riduce la crescita economica e la coesione sociale.