Il 13 novembre la Procura di Parigi ha chiesto cinque anni di prigione e altrettanti d’ineleggibilità per Marine Le Pen, la leader del Rassemblement national (Rn), accusata insieme ad altri ventiquattro esponenti del partito di aver usato fondi del Parlamento europeo per pagare impiegati dell’Rn.
Se la richiesta fosse accolta, Le Pen non potrebbe candidarsi alle elezioni presidenziali del 2027. All’uscita dall’aula, l’attuale presidente del gruppo dell’Rn all’Assemblea nazionale ha definito le richieste della procura “violente e oltraggiose”. “Penso che l’obiettivo sia impedire al popolo francese di votare per chi vuole”, ha aggiunto.
La procura ha definito “il sistema messo in atto da Le Pen senza precedenti per la sua durata nel tempo e per l’ammontare della cifra sottratta” (4,5 milioni di euro). “Gli imputati consideravano il parlamento europeo la loro vacca da mungere”, ha affermato la procuratrice Louise Neyton.
Il caso riguarda un gran numero di contratti per assistenti parlamentari stipulati in un periodo di più di dieci anni (2004-2016). Secondo l’accusa, alcuni di questi “assistenti” non avevano mai messo piede nel Parlamento europeo, ma lavoravano solo per il partito, fatto vietato dalle normative europee.
Il processo si concluderà il 27 novembre e la sentenza sarà emessa qualche mese dopo. A quel punto si conoscerà anche il destino politico, oltreché giudiziario, di Le Pen.