Alla fine l’Italia dira ‘sì’ al Mes

L’aiuto da 36 mld non andrebbe scartato. Ma con o senza condizioni sul Mes, la rinuncia agli Eurobond rappresenta comunque una sconfitta per l’Europa (non solo per l’Italia)

Alla fine l’Italia dira ‘sì’ al Mes

“Non ha senso discutere ora sul Mes”. Le parole sono di Giuseppe Conte, che dunque cerca di spegnere lo scontro nella maggioranza sul Meccanismo europeo di stabilità e apre alla possibilità che alla fine l’Italia accetti l’aiuto (del Mes).

“Sta lievitando sul Mes un dibattito che rischia di dividere l’intera Italia secondo opposte tifoserie e rigide contrapposizioni. Alcuni sostengono che esiste il rischio che rimangano le tradizionali condizionalità macroeconomiche, altri ritengono che, pur se non previste nella prima fase, alcune condizionalità potrebbero essere inserite in un secondo tempo, altri ancora prevedono che si arriverà a cancellare tutte le condizionalità ad eccezione del vincolo di destinazione per le spese di cura e di prevenzione del contagio.”

“Bisognerà attendere prima di valutare se questa nuova linea di credito sarà collegata a meccanismi e procedure diversi da quelli originari. Se vi saranno condizionalità o meno lo giudicheremo alla fine.”

In realtà, con o senza nuove condizionalità, la strada maestra per finanziare le politiche contro la crisi indotta dal coronavirus consiste nel finanziamento da parte delle banche centrali. La monetizzazione dei nuovi deficit statali, infatti, permette di disporre della leva finanziaria per attivare le risorse necessarie a costo zero e senza appesantire il debito pubblico dei Paesi.

Non per caso questa è la principale soluzione praticata nel mondo per fronteggiare l’emergenza. Così si fa dagli USA alla Cina, dalla Gran Bretagna al Giappone. L’Eurozona dovrebbe seguire il medesimo percorso, prevedendo un piano europeo anti-virus e politiche fiscali concertate tra gli Stati, adeguatamente finanziate dalla Bce.

Ciò potrebbe avvenire con varie modalità tecniche e soluzioni legali, anche mediante l’acquisto di titoli di debito comune (eurobond o recovery bond) da parte della Banca centrale europea. D’altronde, in una fase recessiva come quella che si prospetta, non possono nemmeno essere paventati rischi inflazionistici. 

Ma l’Europa sta, invece, per perdere una grande occasione che avrebbe consentito di fare un concreto passo in avanti verso l’unione fiscale.

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