Ora viene il peggio per la Gran Bretagna alle prese con le conseguenze della Brexit. La combinazione tra la pandemia e il ritorno di numerosi lavoratori stranieri nei loro paesi di origine ha preso in contropiede il tessuto produttivo. La Confederation of British Industry, la Confindustria britannica che rappresenta 190 mila aziende le quali occupano 7 milioni di dipendenti, parla della più grave crisi del mercato del lavoro dal 1970.
Nel Regno Unito si registra intanto una carenza di cibo nei supermercati e nei fast food (la cosiddetta ‘pingdemic’), mentre i pub rischiano di restare senza birra per la mancanza di autisti di mezzi pesanti (ne mancano 100 mila) per il trasporto. Anche le grandi aziende internazionali come Ikea incontrano numerosi ostacoli nel far giungere le scorte nei loro negozi. Tanto che secondo alcuni analisti la carenza di manodopera potrebbe portare a un aumento dei prezzi al consumo nel comparto alimentare.
La sintesi sulla situazione dell’economia britannica è del giornalista di Sky News Ian King, che in 17 secondi è riuscito a fotografare i principali nodi, ai quali occorre aggiungere anche la fuga dalle università britanniche. Il numero degli iscritti alle università inglesi provenienti dai Paesi dell’Ue è sceso da 27.750 lo scorso anno a 11.700 per l’anno accademico 2021-2022: il divorzio fra Londra e Bruxelles, la Brexit, ha reso gli studi oltre Manica troppo cari.