La maledizione di Midterm si abbatterà anche su Biden?

Negli Stati Uniti tradizionalmente il partito del presidente perde voti e seggi alle elezioni di Midterm. In questa tornata Biden difficilmente riuscirà a sfuggire all’accusa repubblicana di aver attuato una politica fiscale troppo espansiva che sarebbe la causa prima dell’inflazione statunitense e dell’impoverimento di molti. Ovvero, come scriveva Friedrich Nietzsche, “è disumano benedire là dove qualcuno viene maledetto”.

La maledizione di Midterm si abbatterà anche su Biden?

Una delle regolarità più ferree nella politica americana è che il partito del presidente perda voti alle elezioni di metà mandato (Midterm). Nelle ultime diciannove tornate elettorali di metà mandato che si sono succedute dalla fine della Seconda guerra mondiale solo una volta, nel 2002, il Partito Repubblicano del presidente George W. Bush è riuscito a vincere le elezioni, ma quel voto si era svolto un anno dopo l’attentato alle Torri gemelle.

Ciò significa che il prossimo 8 novembre i repubblicani sono destinati a conquistare la Camera dei deputati e il Senato in un momento di forti tensioni internazionali e nel mezzo di una probabile stagflazione?

Alla Camera, visto il risicato vantaggio dei democratici, i repubblicani possono aspettarsi di guadagnarne il controllo. Al Senato, invece, dal 1946 in sei casi su diciannove il partito del presidente è riuscito perlomeno a mantenere i seggi che aveva (ma in questa tornata elettorale si parte da una situazione di perfetta parità fra senatori democratici e repubblicani).

La maggiore stabilità dei risultati al Senato è imputabile al fatto che, mentre alla Camera vengono rieletti tutti i 425 rappresentanti, nell’altro ramo del Congresso decade solo un terzo dei 100 senatori.

Occorre, poi, considerare che la popolarità di Joe Biden è costantemente diminuita nel primo anno e mezzo del suo mandato. Solo a partire dello scorso giugno il trend sembra essersi leggermente invertito.

Con un’inflazione che viaggia attorno all’8% e un Pil in rapida decelerazione dal 5,7% dello scorso anno all’1% del 2023 (secondo le stime dell’Fmi), l’opinione pubblica statunitense è preoccupata. Non tanto per le varie ‘Ucraine’ in giro per il mondo. Ciò che importa all’automobilista americano è che oggi il prezzo della benzina è di poco inferiore a quattro dollari al gallone.

In tale contesto, il taglio del debito agli studenti e l’approvazione dell’Inflation Reduction Act non sembrano misure sufficienti a salvare il presidente dall’accusa repubblicana di aver attuato una politica fiscale troppo espansiva che sarebbe la causa prima dell’inflazione statunitense e dell’impoverimento di molti. Ovvero, come scriveva Friedrich Nietzsche, “è disumano benedire là dove qualcuno viene maledetto”.

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