Una violenta protesta antigovernativa è scoppiata nella notte tra giovedì e venerdì a Beirut nella zona del Parlamento. La polizia ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti scesi in strada per denunciare il malgoverno dopo la deflagrazione di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio avvenuta martedì.
Il presidente Michel Aoun e, in generale, tutta la classe politica sono accusati di corruzione e cattiva gestione che hanno portato al disastro al porto della capitale.
Una folla di libanesi riuniti attorno al presidente francese (che si è recato a Beirut) ha lanciato un appello alla Francia affinché li aiuti a cacciare i dirigenti politici dal potere. Emmanuel Macron ha detto che “non abbandonerà mai il Libano” e ha parlato di un’inchiesta internazionale per scoprire le cause su quanto accaduto il 4 agosto.
Ma dietro tanto attivismo dell’inquilino dell’Eliseo c’è dell’altro. In particolare, lo sfruttamento dell’energia nel Mediterraneo dopo l’accordo siglato turco-libico e l’alleanza greco-egiziano.
È salito intanto ad almeno 137 morti e 5 mila feriti il bilancio delle esplosioni e gli sfollati sono 300 mila.