Il socialdemocratico Gabriel Boric è il nuovo presidente del Cile. Il 35enne, emerso come figura politica durante le rivolte studentesche del 2011, è stato eletto deputato nel 2014 ed è il più giovane presidente della storia del Paese.
Con lo spoglio dei voti quasi completo, Boric ha conquistato il 55,86%, superando il 44,14% di preferenze per José Antonio Kast, il candidato dell'ultra-destra che al primo turno aveva ottenuto la maggioranza.
Mentre Kast è nostalgico della dittatura di Pinochet, detto non a caso il “Bolsonaro cileno”, Boric rappresenta una nuova ventata (anche se negli ultimi 30 anni lo Stato sudamericano è stato guidato per 24 anni dal centro-sinistra) nel Paese di Allende che negli ultimi anni era virato a destra.
Boric ha vinto le elezioni con la promessa di profondi cambiamenti strutturali. I giovani cileni sanno di essere più ricchi e, naturalmente, infinitamente più liberi dei loro genitori, che vivevano nella dittatura.
Ma si sono stancati dell’eredità di quell’esperimento neoliberista, che ha lasciato l’amministrazione dei servizi pubblici alle imprese – nella Costituzione cilena, approvata nel 1980, l’acqua ad esempio non è un bene pubblico – e ha finito per forgiare una società gravemente ineguale.