Erano tutti contenti per il gasdotto Nord Stream 2. Le multinazionali di almeno sei paesi, coinvolte nella costruzione, che dovrà terminare entro il 2020. Le 26 milioni di famiglie tedesche a cui avrebbe garantito la stabilità nella fornitura del gas russo, evitando quindi le crisi di approvvigionamento dovute alle tensioni tra la Russia e l'Ucraina. E non ultima la cancelliera Merkel, contenta, al di là del mantenimento delle sanzioni con la Russia, di un buon rapporto con Mosca.
E invece tutto è cambiato – e i lavori di costruzione si sono fermati- con una svolta politica della Merkel che un mese fa si è fatta interprete delle rimostranze di Kiev, preoccupata di un enorme calo dei diritti di transito derivanti dal gasdotto russo sul proprio territorio.
Il Nord Stream 2 nacque proprio per aggirare l'Ucraina e tutte le passate “crisi del gas” che avevano indirettamente coinvolto l'Europa. Il nuovo gasdotto, come il gemello originale, il Nord Stream, pienamente funzionante, parte dalla Russia e arriva direttamente in Germania passando per il Mar Baltico.
Se da una parte risolve il problema della sicurezza dell'approvvigionamento del gas siberiano, dall'altra accende molte tensioni. L'Ucraina, visto l'annunciato calo di passaggio di gas lungo il suo territorio, potrebbe di nuovo “chiudere il rubinetto”, di fatto vanificando il vantaggio del gasdotto baltico.
Poi molte le voci critiche che vedono un aumento della dipendenza della Germania,e quindi dell'Europa, dalla Russia. L'ambasciatore degli Stati Uniti a Berlino, Richard Grenell, ha ammesso nel suo paese sono “molto preoccupati per la crescente influenza russa”.
La formula per rassicurare tutti e, al contempo, “frenare” eventuali strappi tedeschi l'ha trovata Margrethe Vestager, commissario europeo alla Concorrenza: "La nostra strategia è di diversificare le fonti energetiche e non essere così dipendenti dalla Russia". Sarà uno dei temi caldi nell'agenda di Angela Merkel nel vertice con Putin questa settimana, a Sochi.