Il raiss egiziano Hosni Mubarak è morto a 91 anni. Per circa trenta aveva governato il Paese (il più popoloso tra gli Stati arabi con 100 mln di abitanti) con il pugno di ferro.
Salito al potere nel 1981, dopo l’assassinio del presidente Anwar Sadat da parte di terroristi jihadisti, era stato rieletto più volte e puntava a imporre come suo successore il figlio Gamal.
Ma la corruzione, la crescente crisi economica, una disoccupazione dilagante e una gestione poliziesca dello Stato avevano causato però un malcontento poi esploso nella rivolta del febbraio 2011, la ‘primavera araba’. Scaricato anche dai militari, era stato costretto a dimettersi, dopo tre settimane di proteste di massa, con milioni di persone scese nelle strade della capitale.
Dopo al destituzione erano seguiti una serie di processi, basati sulla repressione sanguinosa delle manifestazioni e sulla corruzione. Mubarak alla fine è stato condannato per capi di imputazione minori. Fino al definitivo rilascio avvenuto il 24 marzo del 2017.
Nel frattempo i suoi principali oppositori, i Fratelli musulmani, avevano fatto una fine peggiore. Il suo successo, Mohammed Morsi, è finito in prigione, condannato in primo grado a morte, poi all’ergastolo e alla fine è deceduto d’infarto durante un’udienza nel processo di appello.
Il nuovo presidente, Abdel Fateh al-Sisi (come Mubarak anche lui un ex generale), ha incarcerato decine di migliaia di militanti, e anche oppositori laici.