Il Kilimangiaro brucia da cinque giorni e la situazione non migliora mettendo a serio rischio uno degli ecosistemi più signficativi del continente.
L’incendio è scoppiato ad alta quota, in un luogo dove vivono “solo serpenti e lucertole”, intorno a un rifugio per scalatori. Le fiamme hanno già distrutto 28 kmq di vegetazione, pari all’1,6% del parco nazionale, e sono visibili da 30 chilometri di distanza, sia dal versante del Kenya che da quello della Tanzania.
Il ministro per le risorse naturali e il Turismo, Hamisi Kigwangalla, ha dichiarato che l’ecosistema è a rischio e che ad alimentare le fiamme contribuiscono i forti venti e il clima secco. Restano da chiarire le cause dell’incendio.
Ogni anno sono 50 mila i turisti che scalano i 5.895 metri della montagna africana. A raggiungere la cima ci sono anche le migliaia di portatori che aiutano gli alpinisti. Un numero troppo elevato per l’ecosistema delicato del Kilimangiaro. Se ne discute da anni ma il governo non fa niente.
Le tre cime del Kilimangiaro, ricoperte dai ghiacciai, e il parco che le circonda a valle, sono state dichiarate nel 1987 Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco. L’ecosistema del vulcano sostiene la vita di oltre due milioni di residenti sulle sue pendici in Tanzania e in Kenya, che dipendono direttamente dalle risorse della montagna: acqua e pioggia per l’agricoltura e l’allevamento del bestiame.