Suzuki, Mazda e Yamaha hanno falsificato i test riguardanti emissioni e consumi sui veicoli. Lo ha confermato il ministero dei Trasporti nipponico. I risultati sono emersi dalle indagini avviate in seguito agli scandali riguardanti Subaru e Nissan.
Nel caso di Suzuki, la quarta più grande casa automobilistica del Giappone, le manomissioni risalgono fino al 2012. Coinvolte circa il 50% su 12.819 auto prese a campione. La società, tuttavia, ha dichiarato di non aver riscontrato alterazioni dei dati così rilevanti da dover richiamare i veicoli.
Per Mazda, da novembre 2014, sono risultati sballati i dati sul 4% dei mezzi controllati. La percentuale scende al 2% per Yamaha e la falsificazione sarebbe andata avanti "soltanto" da gennaio 2016.
Il realtà lo scandalo sui dati alterati non sono cominciati dalle case automobilistiche, bensì dal colosso siderurgico, Kobe Steel - fornitore di parti in acciaio ai produttori di automobili, aerei e treni in tutto il mondo - che ammise lo scorso anno di aver fornito prodotti con dati manipolati a circa 500 clienti.
Da allora una sequenza di ammissioni, che ha coinvolto tra i più importanti gruppi nipponici, ha cominciato ad offuscare l'immagine dell'industria metalmeccanica giapponese, che si era nel tempo costruita una reputazione su tre punti di forza: qualità, efficienza e affidabilità.