Il tasso di rendimento delle immobilizzazioni - una misura proxy per il tasso di redditività degli investimenti di capitale - è tornato ai livelli pre-crisi. Mentre Stati Uniti e Regno Unito hanno toccato il 12%, Germania e Olanda si sono posizionate tra il 13 e il 14%. Con questi numeri tutto farebbe pensare a un boom degli investimenti delle imprese.
Non è, tuttavia, questo il caso. Le imprese, in particolare negli Stati Uniti, sembra stiano utilizzando i loro utili per acquisire società concorrenti piuttosto che aggiungere nuovi capitali allo stock aggregato. E le prospettive, grigie, le ha indicate l’Ocse: la spesa per investimenti nel 2018-2019 si attesterà ad un -12% sotto la soglia necessaria per far salire lo stock di capitale allo stesso ritmo del decennio precedente la crisi.
Ma facciamo un passo indietro. L’organizzazione con sede a Parigi, con Fmi e Commissione europea, tende a condividere l'idea che la tecnologia stia determinando il calo tendenziale della quota di manodopera. Questo perché robot, automazione e ICT stanno rendendo la produzione di beni e servizi più ad alta intensità di capitale. Man mano che viene utilizzato più capitale, la quota di profitti deve salire (e la quota di lavoro deve scendere) al fine di mantenere i tassi di redditività a un livello appropriato.
Seguendo questo ragionamento, la distribuzione del reddito tra lavoro e capitale è considerata una questione tecnologica. Ma gli stessi dati Ocse sembrano confutare tale visione: la riduzione della quota di lavoro è andata ben al di là di quanto giustificabile con l'innovazione, che a sua volta rende la produzione più intensiva di capitale. Questa conclusione è sostenuta anche da recenti ricerche dell'Università di Greenwich, che hanno rilevato come l'indebolimento della contrattazione collettiva sia un fattore più importante nello spiegare il declino della quota di lavoro rispetto alla tecnologia.
Tutto cambierebbe se i governi mettessero in atto una ripresa guidata dall’aumento dei salari. È vero, gli utili delle imprese in parte scenderebbero, ma aumenterebbe la domanda proveniente dalle famiglie e le imprese sarebbero indotte a investire in maggiore capacità produttiva. Potrebbe forse aprire una prospettiva "win-win”, capace di combinare domanda crescente nel breve periodo, maggiore capacità produttiva nel medio e lungo a fronte di una riduzione della disuguaglianza.