Ci vorranno 202 anni per colmare il divario salariale a livello globale tra uomini e donne. Perché il gap è ampio e perché il cambiamento è molto lento. A certificarlo è il World Economic Forum. Il gap retributivo mondiale è diminuito leggermente nell'ultimo anno, ma anche il numero di donne in posizioni di medio-alto livello si è ridotto.
Il Wef evidenzia che le retribuzioni delle donne a livello globale corrispondono in media al 63% rispetto a quelle percepite dagli uomini. E non esiste un solo paese in cui c'è parità salariale.
Il Laos, nel sud-est asiatico, è il più vicino al raggiungimento della parità: i salari delle donne sono pari al 91% di quelli ricevuti dagli uomini. In un’economia avanzata come il Regno Unito – che nella classifica stilata dal Wef si posiziona 50° su 149 paesi - le donne ricevono il 70% di quanto riconosciuto agli uomini. All’opposto, Yemen, Siria e Iraq mostrano il divario retributivo più ampio.
Le donne restano molto indietro anche in politica. Il Wef stima che al ritmo attuale ci vorranno 107 anni per ottenere una presenza femminile pari a quella maschile. In tutti i 149 paesi valutati, solo in 17 casi c’è un premier donna, mentre, in media, solo il 18% dei ministri e il 24% dei parlamentari a livello mondiale sono donne. Da questo punto di vista, l'Islanda è il paese più equo ma c'è ancora un gap del 33%. A contrario, i paesi nei quali le donne riscontrano i maggiori ostacoli all'ingresso in politica sono Kuwait, Libano, Oman e Yemen.
Eppure il mondo non sembra poter fare a meno delle competenze e delle idee di circa metà dell’umanità. Il persistente divario tra partecipazione femminile e maschile alla forza lavoro ha un costo economico significativo. Poiché le donne e gli uomini si completano a vicenda nel processo di produzione, i benefici derivanti dalla diversità di genere sono probabilmente maggiori di quanto suggerito fino ad ora dagli studi.
Invece, la partecipazione femminile al mercato del lavoro resta troppo bassa. E non c’è un paese al mondo che sia riuscito a ridurre il divario al di sotto di 7 punti percentuali.