Secondo Tito Boeri, Roberto Gualtieri e altri esperti bisognerebbe tornare a prediligere il contratto a tempo determinato in questa fase (ovvero puntare sulla flessibilità del lavoro). Ma, per l’economista Emiliano Brancaccio, questa posizione è scientificamente infondata.
Da un lato, dunque, c’è Boeri, che ha proposto una ulteriore deregulation dei contratti a termine per contrastare il boom della disoccupazione. Il sostegno a questa idea da parte del ministro dell’Economia non si è fatto attendere. Dall’altro, lo studio dell’economista dell’Università del Sannio (e altri autori) che sottolinea: il 72% delle ricerche scientifiche pubblicate nell’ultimo decennio hanno smentito l’ipotesi che la flessibilità stimoli la creazione di lavoro.
Persino Fmi, Ocse e Banca Mondiale (dopo averla rifiutata per anni) hanno ammesso che l’idea della flessibilità del lavoro come volano dell’occupazione non trova adeguato riscontro nell’evidenza empirica. Eppure queste istituzioni continuano ad appoggiare le politiche di deregulation del lavoro.
Si può precarizzare i contratti quanto si vuole per far contenta Confindustria, ma non ci sarà probabilmente alcun rilancio dell’occupazione in questo modo. Le imprese assumono sulla base di altre variabili.