Prima del Covid lavorava da casa appena lo 0,8% del totale degli occupati. A conti fatti meno di 200 mila teste. Funzionava così in Italia nel 2019, come certifica l’Istat. La stragrande maggioranza, 8 lavoratori su 10, prestavano servizio nei locali e negli uffici.
La pandemia ha cambiato le carte in tavola. Le stime dell’Istituto ora indicano una platea di potenziali smart worker che può arrivare fino a 8,2 milioni.
L’Istat rileva come il ricorso al lavoro agile durante l’emergenza non sia solo risultato “determinante per preservare i livelli occupazionali ma anche per limitare la mobilità quotidiana, soprattutto nelle aree urbane”.
Un fattore importante: “Far lavorare a distanza anche solo i lavoratori che svolgono un’attività telelavorabile e impiegano più di un’ora per recarsi al lavoro, significherebbe diminuire di circa 800 mila ore il tempo speso negli spostamenti e l’inquinamento a esso associato per ogni giorno di smart working”.
Tornando a come si presentava l’organizzazione del lavoro nel 2019, la rilevazione mette in luce come per più di 7 su 10 gli orari di inizio e fine attività erano rigidi. Una percentuale più alta rispetto alla media dell’Ue (61%).