Una proroga selettiva del blocco dei licenziamenti. È questa la decisione del governo. Gli interventi si reggeranno su due gambe: la prima prevede il blocco dei licenziamenti fino al 31 ottobre per i comparti genericamente legati alla moda, come tessile, calzature, pelletteria. Per loro è prevista la cassa covid. La seconda è la messa a disposizione di 13 settimane di Cigs gratuita, su richiesta, per le ditte in crisi e per quelle che hanno terminato gli ammortizzatori sociali, con il contestuale blocco dei licenziamenti. Ci sono 6 mesi di cig per cessazione per comparto aereo.
"Oggi abbiamo deciso di porre fine al blocco dei licenziamenti, pur con una serie di eccezioni legate ai settori più in crisi. Denota la nostra volontà di tornare al mercato e alla fisiologia, ma difendendo i settori più in crisi". Lo ha detto il ministro della Pa Renato Brunetta.
In realtà le decisione presa da Palazzo Chigi lascia più di qualche perplessità. Tutti i soggetti in campo si sono concentrati sulla proroga o meno del blocco, ma nessuno sembra essersi preoccupato che prima o poi sarà necessario sbloccarli. Sarebbe stato decisamente più ‘costruttivo’ riflettere (a tempo debito) su come gestire l’inevitabile aggiustamento del mercato del lavoro. Ma siamo sempre lì, a discutere della differenza tra emergenza e urgenza.
Evitare che una fetta importante di occupati perda il posto di lavoro è un obiettivo importante, ma forse lo è ancora di più programmare una gestione efficace ed efficiente della trasformazione alla quale sarà comunque sottoposto il mercato del lavoro. Piuttosto che posticipare il problema, sarebbe stato meglio prendere in considerazione misure di politica economica orientate al ricollocamento dei lavoratori in ambiti emergenti dal punto di vista economico.
D’altronde, la risposta dei Paesi europei alla crisi Covid si è concentrata sul rafforzamento (o l’introduzione) di ammortizzatori sociali come la cassa integrazione. Lussemburgo e Francia hanno aumentato alcune protezioni sui licenziamenti, ma solo i vicini ‘mediterranei’ dell’Italia (Spagna e Grecia) hanno usato blocchi veri e propri (come nel nostro paese).
Ecco allora che bloccare i licenziamenti serve a tamponare l’emergenza ma non affronta l’urgenza. Per fare ciò occorrerebbe una solida politica economica, in particolare industriale e del lavoro. Che invece sono ad oggi assenti.