La percentuale di lavoratori iscritti ai sindacati è in diminuzione da decenni in tutti i paesi sviluppati. Oggi, il tasso di adesione ai sindacati negli Stati Uniti è del 33 per cento nel settore pubblico e del 6 per cento nel settore privato, in netta diminuzione rispetto al 24 per cento di cinquanta anni fa.
Secondo alcuni commentatori, il declino è indicativo di uno spostamento del potere contrattuale tra datori di lavoro e lavoratori, che ha portato a una diminuzione della quota di reddito spettante ai lavoratori.
Poiché l’abilità di un sindacato di aumentare i salari al di sopra del livello di mercato si basa sulla sua capacità di mobilitare i lavoratori a sostegno della propria posizione contrattuale e, se necessario, bloccare il processo produttivo attraverso scioperi, ci si potrebbe aspettare che la riduzione dell’adesione ai sindacati abbia portato a una diminuzione del premio salariale sindacale, cioè il margine in più che i sindacati ottengono rispetto al salario che lavoratori simili otterrebbero se non ci fosse il sindacato.
Ma è davvero così? In sintesi, la risposta è no. La stabilità del premio salariale per gli iscritti al sindacato nel corso di questo mezzo secolo nei guadagni settimanali e orari corretti è piuttosto sorprendente. È vero che il premio salariale sindacale settimanale è diminuito dall’inizio del Covid e che quello orario stava scendendo anche prima della pandemia; tuttavia, entrambi i differenziali rimangono ampi e significativi nel 2023.
Questa tendenza non è coerente con un mondo in cui i sindacati hanno perso tutto il loro potere contrattuale. Tuttavia, i premi non sono guidati esclusivamente dalla capacità di contrattazione collettiva dei sindacati. Altri fattori possono influire, inclusa la possibilità che i sindacati siano riusciti a mantenere la loro presenza in particolare nei luoghi di lavoro con maggiori “rendite” (guadagno differenziale tra prezzo e costo di cui godono gli imprenditori) da condividere.
Ciò che forse sorprende di più è il ruolo che i sindacati svolgono nell’aumentare le ore lavorative, che non è emerso chiaramente nella letteratura precedente e che però è importante per il benessere dei lavoratori, i cui consumi dipendono non solo da un salario orario adeguato, ma anche dall’offerta di un numero sufficiente di ore di lavoro pagate.