Il Qatar, dopo 58 anni, lascerà a gennaio l'Opec, l'organizzazione dei produttori di petrolio. Lo ha dichiarato il ministro dell'Energia, Saad al-Kaabi, durante una conferenza stampa organizzata nella capitale Doha.
Una decisione che piomba sul mondo dell'energia senza preavviso e rischia di complicare gli equilibri del settore energetico globale. In realtà un segnale lo aveva mandato il Qatar, annunciando il lancio di quattro nuove linee di produzione di gas entro il 2024, che le consentiranno di aumentare la produzione da 77 a 110 milioni di tonnellate l'anno.
"Siamo molto realisti. Non abbiamo un grande potenziale di petrolio. Il nostro business è il gas", ha detto il ministro dell’Energia, Saad Sherida Kaabi, che ha poi aggiunto: "Il Qatar continuerà a estrarre petrolio, ma si concentrerà sulla produzione di gas naturale liquefatto, di cui è il più grande esportatore al mondo". In effetti, il paese può immettere sul mercato 600 mila barili al giorno, non molto rispetto agli 11 milioni dell'Arabia Saudita, il più grande esportatore di greggio a livello mondiale.
L'uscita del Qatar è dovuta anche allo scontro frontale che oppone diversi Paesi dell'area. L'Opec - fondata nel 1960 da Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait e Venezuela - è storicamente guidata da Riad che non è in buoni rapporti con Doha. L'Arabia Saudita, insieme a Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto, ha infatti imposto un boicottaggio politico ed economico al Qatar da giugno 2017, accusandolo di sostenere il terrorismo. Fatto negato da Doha.
Ora si attendono novità anche dall'Opec che si riunirà nel mese di dicembre. Saranno probabilmente introdotti ulteriori tagli alla produzione. I prezzi internazionali del petrolio sono crollati di circa il 30% da ottobre, il che significa che potrebbero essere necessarie nuove misure (di riduzione dell’offerta) per prevenire un altro massiccio tracollo del petrolio.
I prezzi sono saliti del 5% circa lunedì dopo che gli Stati Uniti e la Cina hanno concordato una tregua di 90 giorni nella loro guerra commerciale, ma l'oro nero è ancora scambiato a circa 62 dollari al barile, ben al di sotto del picco raggiunto a ottobre di oltre 86 dollari.
L'Opec e altri paesi, inclusa la Russia, avevano raggiunto un accordo a Vienna nel 2016 per tagliare la produzione di greggio di un totale di 1,8 milioni di barili al giorno nel tentativo di stabilizzare i prezzi globali del petrolio. E tra pochi giorni potrebbe giungere una nuova drastica riduzione.