Il G7 è pronto a mettere al bando l’oro russo. Lo stop delle importazioni del metallo prezioso impedirà agli oligarchi di usarlo per convertire i loro beni, aggirando le sanzioni. Il divieto di importazione dell’oro si applicherà a quello di nuova estrazione o raffinato. L’operazione, dunque, non riguarda quello di origine russa precedentemente esportato dalla Russia, così come non è prevista l’estensione delle restrizioni a quello russo acquistato legittimamente prima dell’entrata in vigore del divieto di importazione.
La Russia è il secondo produttore al mondo di oro: Mosca può contare sul 10% delle estrazioni globali annue. Secondo Washington, l’oro è la seconda voce, dopo l’energia, delle esportazioni russe. Nel 2020 l’export di Mosca ha rappresentato il 5% di quello mondiale e il 90% della produzione russa è stata destinata proprio ai Paesi del G7 e, in particolare, al Regno Unito. I 15 miliardi di dollari in oro russo giunti lo scorso anno nel Regno Unito hanno rappresentato il 28% delle importazioni britanniche (di oro), secondo i dati di Un Comtrade.
Occorre, inoltre, considerare che le disponibilità auree russe sono triplicate dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e il metallo prezioso è un’importante risorsa per la Banca centrale della Federazione, specialmente dopo le restrizioni imposte dall’Occidente. Le riserve in Russia sono rimaste invariate a 2.301,64 tonnellate nel primo trimestre del 2022 rispetto agli ultimi quattro mesi del 2021, secondo i dati del World Gold Council.