“Giovanni, anche nel tennis si può discutere con l’arbitro quando la pallina è vicino alla linea. Ma non quando è chiaramente fuori dal campo”. Il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, ha buttato lì una metafora sportiva. Parlando con il ministro Tria a Lussemburgo gli ha ribadito che un deficit al 2,4% del Pil è inaccettabile perché comporta “una deviazione molto, molto significativa” dagli obiettivi fissati dalle regole Ue. Tria si è limitato a ribadire quanto già annunciato pubblicamente. E cioè che "l’Ue deve stare tranquilla perché il debito calerà grazie agli effetti sulla crescita".
Il problema è proprio questo; sono in pochi a credere che il Pil aumenterà (come indicato dal governo) grazie al reddito di cittadinanza e alla parziale riduzione della pressione fiscale. A preoccupare l'Ue sono proprio le stime: se la crescita fosse inferiore alle previsioni allora il rapporto deficit/Pil potrebbe facilmente superare anche la soglia del 3%. E, poi, Tria non è stato in grado di dare ulteriori elementi ai colleghi dell’Eurogruppo: “Il lavoro non è finito - avrebbe detto durante il vertice - stiamo finalizzando i dettagli della manovra. Per questo torno a Roma in anticipo”.
Ma il messaggio che porta con se dal confronto con l’Europa ha i contorni dell’ultimatum: "Se vi concediamo di violare le regole è la fine dell’euro". Le dure parole arrivano da Jean-Claude Juncker. Il presidente della Commissione preannuncia così la linea dura: "Saremo molto rigidi". La reazione del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, è pesante: "Parlo con persone sobrie".
Per Tria c’è, pertanto, una sola via d’uscita e a indicarla è Moscovici: "Il governo torni sui suoi passi". Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo, auspica "risposte al più presto". L’Italia - incalza il portoghese - "dimostri di avere un bilancio credibile e sostenibile". La Commissione europea è disposta a concedere un deficit all’1,7%. Ma non un decimale di più. Perché diversamente non ci sarebbe alcuna garanzia sulla diminuzione del debito.
Tria ha provato a sondare il terreno buttando lì un’altra ipotesi: deficit al 2,4% soltanto nel 2019, anziché per tre anni. Ma Bruxelles ha respinto l'ipotesi, anche se si rende conto che lo scontro frontale con Roma farà aumentare in Italia il consenso verso la coalizione giallo-verde.
Adesso il governo ha due opzioni sul tavolo ma entrambe includono gravi rischi: acuire lo scontro con Bruxelles (con tutte le conseguenze del caso a partire da spread e reazione dei mercati) oppure fare marcia indietro (con grande delusione degli elettori leghisti e pentastellati).
Intanto da venerdì 28 settembre sono stati bruciati in Borsa 29 miliardi di euro e l'aumento dello spread è già costato 5,1 mld.