Entro una manciata di settimane le Maldive potrebbero passare alla Storia come il primo Paese a fare default su un sukuk, un tipo di obbligazione pensata per essere conforme alle regole della sharia, la legge sacra della religione islamica basata sul Corano.
Da qui all’8 ottobre, quando maturerà la prossima cedola su circa 500 milioni di titoli in scadenza nel 2026, gli occhi degli investitori saranno puntati in più direzioni. Verso i Paesi creditori, in primis l’India, storico partner oggi non in sintonia con il nuovo governo, e la Cina, sponsor del presidente eletto lo scorso anno. Ma anche verso i Paesi del Golfo che potrebbero decidere di mettere mano al portafogli per scongiurare il default del Paese islamico.
Per il momento l’unica certezza è che la situazione è in rapido deterioramento. Nei giorni scorsi i sukuk denominati in dollari in scadenza nel 2026 sono scesi sotto i 70 centesimi per un dollaro. Si tratta del livello più basso di sempre. Un primato reso ancora più preoccupante dalla velocità con cui è stato conseguito: a inizio agosto il bond viaggiava sopra gli 80 centesimi; a giugno era abbondantemente sopra i 90.
Oggi le Maldive sono esposte per 3,4 miliardi di dollari verso i creditori stranieri, con Cina e India in prima linea. Una situazione che sta creando le condizioni per una nuova sfida tra i due Paesi, che vedono nella posizione geografica dell’arcipelago un affaccio di grande valore strategico sulle tratte commerciali che collegano Medio ed Estremo Oriente attraverso l’Oceano Indiano.