Alcune delle strategie usate in passato non sono riproducibili oggi, ma cosa si può fare per ridurre il debito pubblico che blocca l’economia italiana? Il tema è stato al centro del dibattito "Riduzione del debito pubblico: l’esperienza dei Paesi avanzati negli ultimi 70 anni", promosso dalla Fondazione Collegio Carlo Alberto e dall’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Si parte dai casi di successo, 30 esempi in cui il rapporto debito-Pil è sceso di oltre 25 punti percentuali. Nell’immediato dopoguerra, sottolinea la ricerca, in vari paesi il debito fu quasi annullato dall’inflazione nel giro di due o tre anni: ad esempio, in Italia il debito crollò dal 74% del Pil nel 1945 al 25% nel 1947. Nei tre decenni successivi, vigente il sistema di Bretton Woods, il rapporto debito-pil scese quasi ovunque per effetto di un mix di repressione finanziaria, elevata crescita e bassa inflazione. Invece, "l’unica strategia oggi perseguibile è quella ortodossa - spiegano i relatori dello studio - che consiste nel mantenere avanzi primari elevati per un lungo periodo di tempo".
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio della crisi nel 2008, 11 Stati hanno perseguito questa strategia con successo. In media, questi Paesi hanno mantenuto un avanzo primario del 4,1% per 12 anni; il risultato è stata una riduzione di 40 punti del rapporto debito-Pil. Nella maggior parte dei casi, l’aggiustamento è avvenuto attraverso tagli di spesa. "Non si trova evidenza che queste politiche abbiano penalizzato la crescita dell’economia. Nessun Paese è riuscito, invece, a ridurre il rapporto debito-Pil attraverso riduzioni di tasse o aumenti di spesa volti ad aumentare il denominatore del rapporto", spiegano ancora gli economisti che hanno curato l’analisi. In ogni caso, per Carlo Cottarelli, “non possiamo far crescere l’economia spendendo soldi pubblici”.