Il Tesoro statunitense, guidato da Janet Yellen, sfodera la sua proposta per una minimum tax globale sulle aziende. Una proposta più moderata di quanto inizialmente ipotizzato, il 15% anziché il 21%.
L’introduzione di una minimum tax vuole evitare quella che è stata definita come una dannosa concorrenza fra stati attraverso corse al ribasso nella tassazione internazionale per attirare le imprese.
Washington punta a raggiungere un accordo entro l’estate, per poi approvare una legge entro l’anno. La tassa sulle multinazionali è infatti parte integrante dei suoi piani fiscali per rastrellare risorse e finanziare vasti progetti domestici, in particolare un piano da 2.300 miliardi di dollari di rilancio delle infrastrutture.
Un accordo multilaterale rimane tuttavia ancora da raggiungere e i nodi non sono pochi. Un ridimensionamento al 15% non è indolore per la Casa Bianca: l’imposta rastrellerebbe meno entrate per l’erario federale di quanto finora desiderato, e potrebbe lasciare significativi vantaggi ad aziende con sedi centrali fuori dagli Usa (o che le spostino all’estero). Tanto più se l’amministrazione Biden alza, come ha in programma, le aliquote domestiche sulle imprese al 28% dal 21% attuale.
Sfide rimangono anche sul fronte internazionale: un certo numero di paesi dovrebbe procedere a modificare proprie leggi interne per far rispettare la nuova tassa. Resistenze arrivano da Stati che hanno fatto leva sulla bassa tassazione per il loro successo, tra i quali Ungheria o Irlanda.