La completa abolizione della tassa sulla casa, annunciata in autunno da Emmanuel Macron, "sarà attuata al più tardi entro il 2021" e, secondo il governo, non metterà in discussione gli obiettivi di disavanzo pubblico.
La scomparsa totale dell’imposta sulla prima abitazione, ovvero la seconda fase di una riforma che ha già eliminato questa tassa per l'80% dei proprietari (meno abbienti), è stata confermata dal governo a partire dal 2020.
Durante la campagna presidenziale, Emmanuel Macron aveva annunciato di voler abolire la tassa per l'80% delle famiglie in tre rate successive tra il 2018 e il 2020 - promessa, poi, mantenuta - e per un costo totale stimato in poco meno di 10 miliardi di euro.
La strategia è, poi, cambiata. Il capo dell’Eliseo ha deciso di estendere la misura al restante 20% dei contribuenti, ma non per confermare la sua nomea di “presidente dei ricchi”. Più prosaicamente per il rischio che la riforma possa essere stoppata per aver tradito il principio costituzionale di "uguaglianza".
Con l’estensione a tutta la platea, tuttavia, il costo dell’operazione potrebbe salire di altri 8,5 miliardi, portando il totale a circa 18 mld. La perdita in termini di entrate fiscali raggiungerebbe i 24,6 mld nel 2020. Macron ha promesso che non sarebbe ricorso ad opera di ingegneria fiscale. Ma il buco c’è e va colmato – probabilmente aumentando il livello dell’imposta sulle seconde case – oppure va ridotta la spesa pubblica. In un caso, il primo, Macron proverebbe a svestire i panni di “presidente dei ricchi”, nel secondo li confermerebbe.
Per sapere come andrà bisogna attendere, anche perché l’esecutivo non intende modificare le sue previsioni sul disavanzo pubblico: 2,3% del Pil nel 2018, 2,4% nel 2019, 0,9% nel 2020 e 0,3% nel 2021, prima di tornare a un bilancio in pareggio nel 2022 (+ 0,3%). Tasse e imposte permettendo.