Fine di un impero (fino ad ora incontrastato)?

Le dimensioni e la struttura dell’economia Usa non sono più tali da consentire a Washington il predominio mondiale esercitato fino ad oggi . Se si prende in considerazione la posizione netta sull’estero, che registra le consistenze di attività e passività finanziarie nei confronti di soggetti non residenti, il Paese nordamericano totalizza oltre 18mila miliardi di dollari di debiti verso il resto del mondo

Fine di un impero (fino ad ora incontrastato)?

Quello che a prima vista sorprende del conflitto in atto in Ucraina è che la Russia è, in termini economici, molto più modesta del suo effettivo antagonista: il Pil della Federazione vale l’8% di quello messo a segno dagli Stati Uniti (che con 23mila miliardi di dollari sono ancora la prima economia al mondo). Certo, Mosca conta sull’appoggio della Cina (PIL 17.458 miliardi di dollari): ma il problema è che il sostegno di Pechino al momento resta ambiguo. L’attacco all’Ucraina si configura allora come una mossa avventata da parte di Mosca (e in subordine di Pechino) o c’è dell’altro?

In primo luogo c’è il debito pubblico, da cui risultano afflitti i paesi occidentali (che in media denunciano un alto valore nel rapporto debito/Pil); la Cina appare invece in una situazione gestibile e la Russia è, in pratica, priva di debito pubblico. Chi si aspetta, in conseguenza delle sanzioni imposte da Stati Uniti e Ue, un default russo sulle obbligazioni sovrane rischia di dover aspettare a lungo.

Ma il debito pubblico è solo un aspetto dell’indebitamento, perché a fronte delle passività governative vi possono essere attività dei privati (famiglie e imprese) in grado di più che compensare il disequilibrio patrimoniale dello Stato. Si pensi alla situazione del Giappone, per esempio. Più interessante, quindi, appare esaminare la posizione netta sull’estero, che registra le consistenze di attività e passività finanziarie nei confronti di soggetti non residenti.

Gli Stati Uniti totalizzano oltre 18mila miliardi di dollari di debiti (accumulati a partire dal 1976) verso il resto del mondo. Si tratta di un importo pari al 78,7% del Pil statunitense. Tra i creditori spicca la Cina con un attivo di oltre 4.100 miliardi, seguita da Giappone e Germania. Si tratta di Paesi con ampia base manifatturiera, vocati ad esportare. La domanda a questo punto sorge spontanea: con un tale volume di debito, come potranno gli Stati Uniti continuare ad esercitare l’egemonia mondiale cui aspirano?

Fino ad oggi, tale precario equilibrio è stato reso sostenibile dal ruolo di moneta globale svolto dal dollaro Usa. Ma la contrapposizione che si sta sviluppando tra Occidente da una parte e Russia e Cina dall’altra sta avendo anche l’effetto di sminuire il predominio del biglietto verde, quantomeno nella denominazione dei prezzi di una discreta quota delle materie prime. Questo rappresenta una sfida all’architettura finanziaria che ha sostenuto il pesante squilibrio commerciale degli Stati Uniti per oltre 46 anni.

Vi sarebbero due strade per affrontare il problema: la prima consisterebbe nel riportare sotto controllo la bilancia commerciale degli Stati Uniti, diminuendo le importazioni e aumentando le esportazioni; la seconda prevederebbe la svalutazione del dollaro. Per quanto riguarda il primo punto non si vedono risultati significativi. Passando alla seconda opzione, occorrerebbe svalutare il dollaro di circa il 34% per riportare in equilibrio la posizione netta sull’estero degli Stati Uniti.

Sebbene si tratti di un esercizio puramente teorico, le dimensioni e, più specificatamente, la stessa struttura dell’economia a stelle e strisce non sono più tali da consentire agli Usa il predominio mondiale esercitato fino ad oggi. Nuovi equilibri planetari si stanno profilando. Ecco perché la sfida lanciata dalla Russia e, sebbene in termini affatto diversi, dalla Cina forse non sia così avventata come potrebbe apparire a prima vista.

(Abbiamo qui proposto alcuni passaggi di un’analisi firmata da Antonino Iero, già responsabile del Centro Studi e Ricerche Economiche e Finanziarie di UnipolSai, e pubblicata su sole24ore.com)

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