La Banca Mondiale contro l'illusionismo monetario algerino

L'organizzazione internazionale critica l'ipotesi del governo algerino di ricorrere alla stampa di nuova moneta. A questo punto è inevitabile il ricorso al finanziamento internazionale? Il presidente rifiuta l'opzione al fine di preservare la sovranità economica

La Banca Mondiale contro l'illusionismo monetario del paese nordafricano

Stampare denaro sposta solo il problema un pochino più in là. E alimenta l'illusione sulla crescita economica nel breve periodo. È la Banca mondiale a ricordarlo ancora una volta, questa volta è l’Algeria il destinatario del messaggio.

Prospettive macro positive per il 2018

L’economia nord-africana si trova in un angolo, sebbene il 2018 sarà indubbiamente migliore rispetto all’anno precedente. Come aveva annunciato il primo ministro, Ahmed Ouyahia, in una conferenza stampa dello scorso 14 aprile. Sono, tuttavia, bastate due pagine della World bank sulle prospettive macroeconomiche in Algeria rese note tre giorni dopo, il 17 aprile, a raffreddare gli entusiasmi.

Banca mondiale: crescita non “rassicurante”

Secondo gli analisti della Banca mondiale il Pil dovrebbe raggiungere il 3,5% nel 2018 rispetto al 2,1% rilevato l’anno precedente. Tuttavia l’organizzazione internazionale con sede a Washington giudica questa fase di crescita non troppo rassicurante.

Ricorso al finanziamento estero: unica alternativa?

A preoccupare è soprattutto la volontà dell’esecutivo di ricorrere alla stampa di nuova moneta. Come è noto, se si finanzia così il deficit, la probabilità che il paese entri in una grave crisi finanziaria diventa elevata. La Banca mondiale offre poche alternative ad Algeri: visto il persistere del deficit di bilancio, l’istituzione finanziaria si rammarica per il “rifiuto delle autorità di finanziare il deficit prendendo in prestito fondi dall’estero”. È una scelta che l’Algeria potrebbe prendere anche in virtù del modesto indebitamento estero, pari al 3,6% del Pil nel 2016 e nettamente inferiore al 46% del Marocco e al 69% della Tunisia.

Il rifiuto al finanziamento internazionale

Il problema è il muro eretto nel giugno del 2017 dal presidente Abdelaziz Bouteflika, che aveva auspicato di rinunciare al finanziamento internazionale al fine di preservare la sovranità economica del paese. Sulla stessa lunghezza d’onda si era, poco dopo, posizionato anche il premier Ouyahia.

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