La Russia rischia il default il 16 marzo. Ecco perché

La Federazione appare orientata a pagare in rubli (e non in dollari) il debito estero, il che potrebbe determinare comunque il default del paese più esteso al mondo. Sarebbe uno shock anche per l’Italia: il nostro paese rischia 19 miliardi. Ma il ministro delle Finanze di Mosca dice: “La Russia può saldare il debito pubblico”

Mosca rischia il default il 16 marzo. Ecco perché

“Nessuna base economica reale”, con queste parole il ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, ha smentito categoricamente le voci che indicano la Russia come possibile inadempiente nel rimborso del debito pubblico. Nessun rischio di default, insomma, stando alla sua affermazione.

In una dichiarazione pubblicata dall’agenzia di stampa russa Ria Novosti, Siluanov ha affermato che il suo Paese dispone dei fondi necessari per rimborsare il debito e che voci contrarie non sono vere. “Abbiamo la quantità di fondi necessaria per soddisfare i nostri obblighi. Il congelamento dei conti in valuta estera della Banca di Russia e del governo della Federazione Russa - ha specificato il ministro - può essere visto solo come l'intenzione di alcuni paesi stranieri di organizzare una bancarotta artificiale” .

Un eventuale default della Russia - dato per "imminente" dalle agenzie di rating e "non improbabile" dall'Fmi - metterebbe a rischio 19 miliardi "italiani". A tanto ammonta l'esposizione dell'Italia nei confronti di Mosca, tra bond, prestiti bancari e investimenti in aziende. Un altro tassello che si aggiunge al quadro sempre più pesante per la nostra economia.

Intanto, c’è una minaccia - nemmeno troppo velata – che ha immediatamente gettato scompiglio nel mondo della finanza mondiale. E non riguarda il default. La Russia avrebbe intenzione di onorare gli obbligazionisti internazionali non più in dollari, ma in rubli, almeno fintanto che le sanzioni imposte dalla comunità internazionale resteranno in piedi. L’annuncio è stato fatto dallo stesso Siluanov, a pochi giorni dalla scadenza di un importante pagamento degli interessi sul debito estero. Siluanov ha affermato che si tratta di una misura «giusta» quella di onorare il debito sovrano in rubli, almeno fino a quando le sanzioni non sbloccheranno le riserve russe (circa 300 miliardi di dollari) che sono state momentaneamente congelate.

I mercati si stanno ora interrogando: se la Russia ripagasse alcuni detentori esteri di obbligazioni in rubli si può considerarlo un default? Gli investitori temono poi che le sanzioni internazionali possano complicare il futuro di 39,7 miliardi di dollari di emissioni sul mercato. La Banca centrale di Mosca ha intanto avvertito che per ora i bond governativi in mano agli investitori stranieri sono congelati (Bloomberg ha calcolato 29 miliardi di dollari di debito coinvolto).

Un altro mercato, quello degli swap (operazione finanziaria appartenente alla categoria degli strumenti derivati in cui due controparti si scambiano flussi monetari in entrata o in uscita, con l'impegno di compiere l'operazione inversa a una data futura predeterminata, determinati in relazione a uno strumento o un'attività finanziaria sottostante), indica una probabilità del 71% che la Russia diventi insolvente entro un anno e dell’81% entro cinque anni, secondo Ice Data Services.

Assicurare 10 milioni di dollari di debito russo per un anno ora costa 5,8 milioni di dollari subito e 100.000 dollari all’anno. Un dato che si confronta con i valori di appena due settimane fa per 3,8 milioni di anticipo e di appena 300.000 dollaro l’anno prima dell’invasione russa in Ucraina. Quindi i prezzi sono saliti di circa 20 volte in circa due settimane.

Gli investitori restano dunque perplessi: i credit default swap scatteranno nel caso la Russia rimborsi davvero il suo debito estero in rubli (e non in dollari) dopo che Putin ha firmato un decreto consentendo al governo e alle aziende russe di operare in questo senso.

Mosca deve pagare mercoledì 16 marzo cedole per un valore di 117 milioni di dollari su obbligazioni in valuta estera, un fatto che potrebbe eventualmente far scattare gli swap se i dividendi venissero staccati in valuta locale.

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