A volte, non si può vedere arrivare una pandemia. Ma a volte sì. Mentre il Covid-19 ha colto di sorpresa il mondo, gli esperti tengono d’occhio altri potenziali focolai e in questo momento c’è un ottimo candidato in pole position: l’influenza aviaria che gli scienziati monitorano da decenni, osservando che a volte passa agli umani e, quando lo fa, è spesso fatale.
L’Europa sta attualmente vivendo la più grande epidemia di influenza aviaria H5N1 negli uccelli selvatici e di allevamento che il continente abbia mai visto. Durante il primo anno dell’epidemia, tra ottobre 2021 e settembre 2022, i casi si sono diffusi in 37 paesi. Circa 50 milioni di uccelli sono stati abbattuti negli allevamenti colpiti, secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).
Sebbene l’influenza aviaria colpisca principalmente gli uccelli, gli esperti sono preoccupati per il crescente numero di mammiferi che hanno contratto il virus, come lontre, volpi, leoni marini e visoni.
L’aviaria tuttavia non si è evoluta fino ad ora per diffondersi facilmente tra gli esseri umani. Negli ultimi venti anni sono stati registrati 873 casi di H5N1 nelle persone in tutto il mondo, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. Ma è un gioco di numeri: più si diffonde negli animali, più può diffondersi alle persone.
A febbraio, l’Oms ha spiegato di aver valutato basso il rischio per l’uomo derivante dall’influenza aviaria, ma ha avvertito che non dovremmo presumere che sarà sempre così. Ciò che rende il virus così pericoloso è il suo tasso di mortalità. Delle 873 persone contagiate, il virus ne ha uccise più della metà.
A preoccupare gli scienziati è la sua capacità di mutare forma. Il problema diventerebbe grosso nel momento in cui un animale o una persona dovesse risultare infettato sia dall’influenza aviaria che da quella umana, poiché i virus potrebbero mescolarsi producendo un nuovo sottotipo. Sarebbe l’inizio di una pandemia.
Passando alla soluzione del problema, sembra prendere piede una via alternativa: perché anziché vaccinarci noi umani non vacciniamo gli uccelli (in particolare i polli)?
Nelle settimane scorse, non per caso, la Commissione europea ha annunciato che armonizzerà le norme sulla vaccinazione degli animali e stabilirà le condizioni per facilitare la circolazione degli animali vaccinati e dei loro prodotti. Le norme, entrate in vigore il 12 marzo, lasciano per ora ai paesi dell’Ue la decisione di vaccinare il proprio pollame contro l’influenza aviaria.
Attualmente esiste peraltro un solo vaccino per i polli contro l’influenza aviaria a cui è stata concessa l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte dell’Agenzia europea per i medicinali: uno degli ostacoli è che il numero di vaccini disponibili è al momento troppo basso. Peraltro, non ci sono vaccini disponibili per le anatre, tra le specie più sensibili all’influenza aviaria.