La ex direttrice dell’Fmi – nella sua prima conferenza stampa nel ruolo di presidente della Bce – ha parlato di nuovi segnali economici che indicano “una protratta debolezza delle dinamiche di crescita nei 19 paesi dell'area e una continua debolezza delle pressioni inflazionistiche ma con segnali di stabilizzazione”.
Intanto Francoforte ha rivisto le stime sul Pil: Eurozona in crescita dell’1,2% nel 2019, dell’1,1% nel 2020 e dell’1,4% sia nel 2021, sia nel 2022. Le pressioni inflazionistiche “restano ridotte” con una previsione dell’1,6% nel 2022.
Dal punto di vista della politica monetaria, confermati i tassi attuali: il principale resta fermo a zero, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi a -0,50%. E si va avanti con il Qe da 20 miliardi al mese.
Ma Lagarde ha tenuto a precisare: “Non sono né una colomba né un falco, la mia ambizione è essere un gufo, che è dotato di saggezza”. Poi è tornata a qualcosa di più concreto, spiegando che “i Paesi con margini di bilancio (ad esempio la Germania) devono agire in maniera efficace e tempestiva per la crescita, mentre quelli con debito elevato (l’Italia) devono perseguire politiche prudenti”.
Sul Mes, il neo presidente è ancora più diretto: “L’obiettivo non è certo danneggiare qualsiasi Paese dell’Eurozona. L’idea che prenda di mira uno specifico Paese è totalmente sbagliata”.
Da tempo, inoltre, si parla di rivedere il mandato della Bce, che mette al centro per ora la stabilità dei prezzi: Lagarde ha spiegato che non è in discussione. Ma si farà una revisione strategica, l’ultima risaliva al 2003. “È nostra intenzione che la review inizi a gennaio e sia completata entro la fine del 2020”, ha chiarito Lagarde.