Dei 109 istituti di credito che hanno preso parte per il 2019 al processo di revisione e valutazione prudenziale (Srep) da parte della Bce, sei hanno mostrato livelli di Cet1 inferiori alla soglia fissata da Francoforte (l’acronimo Cet1 rappresenta il maggiore indice di solidità di una banca espresso da un rapporto, tra il capitale ordinario versato e le attività ponderate per il rischio). È quanto spiega la Banca centrale.
Gli Srep sono esercizi annuali attraverso i quali l’authority europea, oltre a esaminare i rischi delle banche e determinare i requisiti patrimoniali individuali e le linee guida per ciascuna di esse, indica il capitale minimo che dovranno avere.
La Bce parla di alcuni casi di “gestione inefficace da parte degli organi di amministrazione e di lacune nei controlli interni” oltre che “rischi di condotta” da parte di alcune banche comunitarie, con aree di “notevole deterioramento”.
Nel complesso, la Bce si dice “sostanzialmente soddisfatta del livello complessivo di adeguatezza patrimoniale degli enti significativi sottoposti alla nostra vigilanza”, spiega Andrea Enria, presidente del Consiglio di vigilanza.
Inoltre, negli ultimi 5 anni è stato riscontrato un sensibile miglioramento sul fronte dei ‘crediti problematici’. Nel 2014 le poste deteriorate in carico alle banche vigilate avevano in pancia crediti Npl pari a 1000 miliardi di euro. Cifra poi dimezzata (543 mld) nella rilevazione di settembre 2019. Un risultato che la Banca centrale giudica “ampiamente in linea con gli obiettivi indicati in precedenza”.
Tuttavia, secondo Francoforte, la maggior parte degli istituti di credito europei soffre di bassa redditività. “Una valutazione dei modelli imprenditoriali ha mostrato che gli utili della maggior parte degli enti creditizi significativi sono inferiori al costo del capitale”. Questo, spiega la Bce, “ostacola la loro capacità di generare capitale in modo organico e di emettere nuovo capitale di rischio”.