Aprire un conto presso la Bce? Presto potrebbe essere realtà

La possibile introduzione di un euro digitale apre scenari impensabili fino a poco tempo fa. Per ora si tratta solo di un’opzione al vaglio della Bce ma la prospettiva di una terza forma di moneta solleva già interrogativi. Perché in gioco, al di là del progresso tecnico, c’è l’intera politica monetaria

Aprire un conto presso la Bce? Presto potrebbe essere realtà
La sede della Bce a Francoforte

La Banca centrale europea ha annunciato nelle settimane scorse di aver messo allo studio la possibilità di emettere un nuovo euro in forma digitale, da affiancare a quello cartaceo. Fino ad ora la Bce, al pari di ogni altra banca centrale, ha creato moneta in due forme: il contante e un’altra utilizzata dalle banche private (è costituita dalle loro riserve presso la Bce ed è diventata negli ultimi anni la componente preponderante della cosiddetta base monetaria, giungendo a superare i 3.000 miliardi di valore, contro i 1.386 del contante).

Ora la Bce contempla la possibilità di arricchire l’offerta con una terza forma di moneta, che unirebbe in sé le caratteristiche dell’una e dell’altra: digitale, come le riserve, ma disponibile anche per le famiglie e per le imprese per i pagamenti al dettaglio, come il contante.

“L’euro digitale sarebbe disponibile anche per quei cittadini europei che non dispongono di un conto in banca – spiega Luca Fantacci -. In secondo luogo dovrebbe essere al riparo dagli eventi critici che possono sempre colpire il sistema bancario privato. Da ultimo, infine, consentirebbe alla Banca centrale di rispondere in maniera efficace alla potenziale concorrenza derivante dall’offerta di contante digitale da parte di paesi stranieri.”

E i rischi? “Innanzitutto quello di ridimensionare il ruolo e la redditività delle banche private – aggiunge Fantacci -. In effetti, quantomeno in una delle sue possibili configurazioni, l’emissione di un euro digitale comporterebbe la possibilità di aprire un conto presso la Bce per i cittadini e per le imprese, e non più soltanto per le banche. Difficile quindi immaginare che ciò non riduca la capacità di raccolta delle banche private.”

La principale posta in gioco è, tuttavia, la politica monetaria. Un contante digitale, creando un legame diretto fra cittadini e banca centrale, costituirebbe un canale diretto di trasmissione della politica monetaria, con un vantaggio evidente rispetto all’assetto attuale in cui, dalla crisi del 2008 ad oggi, le masse ingenti di liquidità emesse dalle banche centrali in larga parte ristagnano nelle riserve delle banche o in circuiti finanziari, senza mai giungere ad alimentare gli scambi economici produttivi tra famiglie e imprese. L’emissione di un euro digitale diventerebbe uno strumento di controllo dell’offerta di moneta tanto più importante per la Banca centrale quanto più si riuscirà a ridurre l’uso del contante.

“La possibilità per la Banca centrale di erogare denaro direttamente a cittadini e imprese consentirebbe di convogliare in maniera più rapida e sicura il denaro là dove serve per sostenere l’economia reale – chiarisce Fantacci -. Ma comporterebbe anche un potenziale sconfinamento della politica monetaria in quella fiscale e creditizia.” Ecco perché, “l’introduzione di un euro digitale non è soltanto una questione di progresso tecnico ma “dovrebbe essere vista nella sua portata politica e istituzionale, nel quadro di una possibile ridefinizione dei rapporti dell’autorità monetaria con il governo da un lato e con il sistema bancario privato dall’altro”.

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