La Cina sta pensando di svalutare lo yuan per compensare l’impatto dei dazi sull’export.
Mentre Trump ha più volte accusato durante la campagna elettorale la Cina di ricorrere alla svalutazione competitiva, ovvero di mantenere la sua valuta artificialmente debole, lo yuan ha guadagnato circa il 9% contro il biglietto verde da quando il presidente degli Stati Uniti è entrato in carica ed è rimasto costante nelle ultime settimane, nonostante l’escalation delle tensioni commerciali tra le due maggiori economie del mondo.
Anche se uno yuan più debole potrebbe aiutare il presidente Xi Jinping a sostenere le esportazioni cinesi, una svalutazione comporta molti rischi e incoraggerebbe Trump a proseguire sulla sua strada, minando i recenti sforzi della Cina di muoversi verso un sistema di tassi di cambio più orientato al mercato. Esporrebbe, inoltre, la seconda economia globale al rischio di un’accresciuta volatilità dei mercati finanziari, qualcosa che le autorità cinesi hanno cercato di limitare il più possibile negli ultimi anni.
Visto che can che abbaia – normalmente - non morde, lo scenario più probabile è che alla fine i due paesi raggiungeranno un compromesso. Anche perché ricorrere al deprezzamento dello yuan per vincere la guerra commerciale equivarrebbe a sacrificare 800 soldati del proprio esercito per uccidere “soltanto” 1.000 nemici.