La crisi argentina si aggrava. Dopo appena tre mesi di lavoro, il governatore della Banca centrale ha rassegnato le dimissioni, mentre il paese stava ri-negoziando il sostegno finanziario con il Fondo monetario internazionale.
L’uscita di scena di Luis Caputo ha fatto crollare il peso sulle borse estere. La valuta era già scesa di oltre il 50% quest'anno, a causa dei timori di una grave recessione nonostante il governo abbia imposto nuove misure di austerità nel tentativo di arginarla.
Le dimissioni sono arrivate in concomitanza con uno sciopero nazionale indetto dai sindacati dei lavoratori che ha visto migliaia di persone riversarsi nelle strade di Buenos Aires per protestare contro le politiche del presidente Mauricio Macri.
La Banca centrale ha detto che Caputo – già sostituito dal governo con Guido Sandleris – ha lasciato l’incarico per motivi personali e che il nuovo accordo con l'organizzazione con sede a Washington ristabilirà la fiducia nelle politiche economiche e finanziarie del paese.
Intanto i tassi di interesse sono saliti al 60% alla fine di agosto, nel tentativo di risollevare la valuta nazionale, ma il peso ha continuato a scendere. Il timore è che Buenos Aires non riesca a ripagare i debiti esteri nel 2019.
Al momento, l’unica soluzione che il governo Macri è stato in grado di trovare - tornare di corsa dall’Fmi implorando di fare presto - non sarà, probabilmente, sufficiente, tantomeno salvifica, nel medio-lungo periodo per l’Argentina.
Il grido d'aiuto è stato comunque accolto dall'Fmi che ha teso una mano all'Argentina, concedendo un salvataggio record da 57 mld di dollari. Si tratta di una cifra superiore ai 50 mld fissati dall'accordo iniziale: una revisione al rialzo necessaria per far fronte alle crescenti difficoltà del paese e per evitare l'effetto contagio delle altre economie emergenti. A cominciare dalla Turchia.