Ad oggi Trump non ha intrapreso alcuna azione diretta contro il renminbi, la valuta cinese. Ma se considera le esportazioni e gli investimenti della Cina come una minaccia, potrebbe essere solo una questione di tempo prima che colpisca anche la valuta della seconda economia al mondo.
Dalla crisi finanziaria globale del 2008, il governo cinese ha fatto di tutto per promuovere a livello internazionale il renminbi. E i risultati sono arrivati nel 2015 quando l’Fmi ha accettato di includere lo yuan nel paniere di valute che determina il valore del suo patrimonio di riserva. Si va ad aggiungere al dollaro statunitense, alla sterlina britannica, allo yen giapponese e all’euro.
La decisione del Fondo ha fornito un notevole impulso alla posizione sui mercati del renminbi e ha incoraggiato la Cina a spingersi ancora oltre nel promuovere la valuta. La conferma è giunta nei giorni scorsi quando Pechino ha lanciato una nuova borsa per i futures sul petrolio denominati in renminbi, che alcuni osservatori considerano una sfida diretta al dollaro.
La Cina mira a sviluppare una valuta degna di una superpotenza globale. Gli Stati Uniti hanno a lungo tratto vantaggio dalla posizione dominante del dollaro nei mercati finanziari e nelle riserve delle banche centrali, e la Cina ora vuole raccogliere lo stesso frutto. Il punto è e quanto se la crescita del renminbi avvenga a scapito del dollaro.