Non accadeva dal 2013. L’ennesimo segnale di una forte ripresa della collaborazione fra Italia e Stati Uniti, specie sul piano dello scambio di informazioni, strategico nel quadro della guerra russa all’Ucraina. Dopo il viaggio di Mario Draghi a Washington – spiega Giovanna Vitale su Repubblica -, il 12 giugno toccherà al Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti, volare negli Usa: una missione inedita, organizzata per incontrare i colleghi del Selecte Committee on Intelligence, l’organismo del Congresso (guidato negli anni della guerra fredda dall’allora senatore Biden) che sovrintende alle attività degli 007 e ai programmi delle agenzie del governo federale.
Un appuntamento importante anche sul fronte interno: mentre infatti Conte e Salvini continuano a contestare la linea iperatlantista di Draghi come ulteriore scudo alla controffensiva di Putin, il Comitato di controllo per la sicurezza della Repubblica presieduto da Adolfo Urso si muove invece compatto verso il rinsaldamento dei rapporti con lo storico alleato. Il quale – aggiunge Vitale -, sulla spinta della nuova dottrina Biden e complice il conflitto in Ucraina, ha deciso come mai prima di “socializzare” l’attività delle agenzie di spionaggio con quelle dei Paesi Nato, oltre che con il governo di Kiev. Una svolta utile per gettare una nuova luce sulle indagini aperte dal Copasir.
Tre in particolare sono oggetto del confronto con gli Usa. Il primo riguarda la difesa comune europea e la cooperazione tra i servizi di intelligence (con l’obiettivo di mettere a sistema gli apparati militari, ma anche lo scambio di informazioni degli 007 fra le due sponde dell’Atlantico. Il secondo verte sul dominio aerospaziale quale nuova frontiera della competizione geopolitica. Il terzo riguarda la disinformazione russa e la sua penetrazione.
In tal contesto, si fa anche strada l’ipotesi che a Washington si voglia tastare in modo informale la disponibilità di Draghi, dunque un leader iperatlantista, ad assumere la guida della Nato per il dopo Stoltenberg. Macron e Scholz proveranno probabilmente a stoppare questo tentativo: Parigi e Berlino puntano da tempo infatti a ridurre la dipendenza sull’asse Washington-Bruxelles, ben sapendo che il baricentro dell’economia mondiale si sta spostando, anzi si è già riposizionato, a Oriente. Il dilemma resta aperto: la priorità per l’Europa è rinsaldare ancora una volta il Patto atlantico, il cui formato appare ormai obsoleto, oppure ritagliarsi un nuovo ruolo (basato su una maggiore autonomia) nello scacchiere internazionale?