L’Azerbaijan ha lanciato una serie di “attività antiterrorismo” nella regione del Nagorno Karabakh - che si estende su una superficie di circa 4.400 chilometri quadrati in una zona montuosa nel Caucaso sud-orientale, abitata da una maggioranza etnica armena (cristiana) ma situata all’interno dei confini azeri (musulmani) internazionalmente riconosciuti – con il dichiarato obiettivo di “ripristinare l’ordine costituzionale della Repubblica dell’Azerbaijan”.
Lo ha annunciato poco prima delle 13:30 ora locale (del 19 settembre) il ministero della Difesa azero in un comunicato. Una manciata di minuti dopo, esplosioni (che hanno registrato decine di morti e feriti) sono state riportate nella capitale de facto della regione separatista, Stepanakert, e nelle città di Askeran e Martakert.
Il governo azero (di un Paese che conta circa 10 milioni di abitanti, a fronte dei circa 3 mln dell’Armenia) si detto disponibile a fermarsi solo se “i separatisti depongono le armi”. L’azione armata, in un conflitto la cui genesi risale al 1988 (solo tra il 1991 e il 1994 ha prodotto 30mila morti), arriva dopo settimane di violazioni del cessate il fuoco.
La notizie delle ultime ore è che i separatisti armeni sarebbero d’accordo con la proposta di cessate il fuoco del comando dei peacekeepers russi. Lo scrive l’agenzia Interfax, secondo cui sarebbe stato raggiunto un accordo per il ritiro delle unità rimanenti e delle truppe delle forze armate armene dalla zona di schieramento dei peacekeeper russi nel Nagorno-Karabakh.