Dopo le incursioni aeree dei giorni scorsi attuate da Pechino su Taiwan, il presidente degli Stati Uniti ha riferito di aver parlato dell’isola con il presidente cinese con il quale ha concordato “sul rispetto dell’accordo di Taiwan”.
Il riferimento – secondo alcuni analisti - è alla politica ‘una sola Cina’ che riconosce l’unità territoriale della seconda economia al mondo nonostante la presenza di due governi distinti a Pechino e a Taipei e al Taiwan Relations Act che stabilisce che Washington ha allacciato le relazioni diplomatiche con la Repubblica popolare cinese con l’aspettativa che il futuro dell’isola sarà deciso con mezzi pacifici. Ma non si tratta di veri e propri accordi. Piuttosto Biden sembra bluffare su questo punto.
Fatto sta che dopo le dichiarazioni di Joe Biden il governo dell’isola ha chiesto rassicurazioni a Washington. Intanto il ministero degli Esteri taiwanese avverte: “La Cina sarebbe in grado di attaccarci già ora, ma prenderà un po’ di tempo”. Non molto probabilmente: “Entro il 2025 Pechino sarà in grado di organizzare un’invasione su larga scala”.
La Cina rivendica Taiwan, che è strategica per l’economia mondiale e per gli aspetti geopolitici, come parte “inalienabile” del suo territorio promettendo la riunificazione anche con l’uso della forza, se necessario. Il governo dell’isola, al contrario, afferma che il paese è già uno Stato sovrano senza bisogno di dichiarare l’indipendenza.
La caduta di Taiwan per mano della Cina – spiega la presidente Tsai Ing-wen in un articolo pubblicato dalla rivista Foreign Affairs – “avrebbe conseguenze catastrofiche per la pace regionale e il sistema di alleanze democratiche”.
Nel frattempo, il governo taiwanese si accinge a destinare alla Difesa domestica un budget da 8,6 miliardi di dollari. Taiwan, che è ampiamente surclassata dalle forze armate cinesi, tenta così di scongiurare un’invasione di terra da parte di Pechino e cerca alleati elevando la pressione su Australia, Giappone e Stati Uniti, che peraltro sono già fornitori di armi all’isola.