“Preferirei chiamarlo nuovo socialismo. So che a molti non piace questo termine, ma è l’unico che abbiamo a disposizione per parlare del superamento del capitalismo”. Fanno rumore, le idee di Thomas Piketty.
“Il processo verso un economia più giusta e sostenibile si è messo in moto già dopo la crisi finanziaria del 2008 – spiega a Fanpage.it l’economista francese diventato l’ideologo della sinistra alla ricerca di una nuova identità dopo le terze vie di Clinton e Blair -, ma questa pandemia sarà un nuovo punto di svolta di questo lungo processo di costruzione di un’organizzazione economica e di una globalizzazione migliore”.
Piketty indica tre pilastri del secolo scorso dai quali ripartire: istruzione, più diritti ai lavoratori e progressività fiscale per redistribuire ricchezza e benessere.
“Nel secondo dopoguerra, c’erano Paesi come la Svezia o la Germania in cui le rappresentanze dei lavoratori avevano più del 50% dei voti nei consigli di amministrazione di alcune grandi imprese, indipendentemente dalle quote di azioni che possedevano – spiega l’economista -. E in più, detenevano pure il 10% o il 20% delle azioni dell’impresa. Questo è un altro modo di intendere la proprietà, che è già esistito, e che ha mostrato ottimi risultati nella pianificazione delle strategie a lungo termine delle imprese.”
Cosa fare oggi? Piketty ha un’idea: “Si potrebbe porre un limite del 10% a ciascun azionista di una società per azioni, qualunque sia la sua percentuale di quote”.
“L’aumento della disuguaglianza, che secondo la narrativa attuale, avrebbe portato più innovazione e più crescita, noi non l’abbiamo vista – aggiunge l’economista -. La promessa di Reagan, che tutti avrebbero vinto, con più disuguaglianza, è stata semplicemente tradita. La verità, semplice e banale, è che oggi abbiamo molti più miliardari rispetto a trent’anni fa ma molta meno crescita economica e che per avere più prosperità economica devi avere un’economia più inclusiva.”