Nuove nuvole si stagliano sull’orizzonte internazionale: quelle della stagflazione. L’eventualità è stata evocata per la prima volta qualche mese fa da Nouriel Roubini, che aveva già previsto la crisi finanziaria del 2007-2009. Ciò che è più grave è che i mercati finanziari cominciano a ritenere probabile un simile scenario. Anche i governatori di numerose banche centrali iniziano a dubitare del fatto che la crescita dei prezzi delle materie prime e degli altri beni abbia breve durata.
“Vincoli all’offerta e la rottura di molte filiere stanno mettendo in ginocchio le produzioni di molteplici settori così come la riconversione a fonti di energia meno inquinanti in Cina e in Europa aumenta i costi e crea non pochi problemi produttivi – spiega l’economista Rony Hamaui -. Il cospicuo aumento dei prezzi dell’energia rischia poi di erodere il potere d’acquisto dei consumatori, che durante la crisi aveva conosciuto una forte impennata data dal risparmio forzoso indotto dai lockdown e dai generosi aiuti pubblici decisi dai governi.”
Il termine stagflazione divenne popolare all’inizio degli anni ‘70, quando a seguito della crisi petrolifera i principali paesi occidentali si trovarono in una condizione fino allora inedita di bassa crescita e alta inflazione. “Anche se Keynes nella Teoria Generale accenna a una simile congiuntura e Samuelson ne parla esplicitamente in diverse occasioni – aggiunge Hamaui -, la stagflazione non è uno scenario ritenuto standard dalle teorie keynesiane, dove a un aumento della disoccupazione si associa una bassa crescita dei salari e dell’inflazione (una relazione messa in evidenza dalla curva di Phillips)”.
Le cause della stagflazione sono generalmente attribuite a due ordini di problemi: 1) vincoli o shock all’offerta, quali un aumento del prezzo dell’energia, che fanno salire l’inflazione e rendono meno profittevoli numerose produzioni; 2) politiche monetarie e fiscali eccessivamente espansive che aumentano la domanda e facilitano la crescita dei prezzi.
“Oggi entrambe queste condizioni sono presenti – argomenta Hamaui – e giustificano le preoccupazioni di molti economisti”. E ancora peggio, “curare la stagflazione non è affatto facile, poiché politiche monetarie espansive non fanno altro che esacerbare l’inflazione, mentre politiche restrittive deprimono ulteriormente la crescita”.
“È probabile che non assisteremo a una forte e duratura stagflazione, ma il rischio che l’economia mondiale rallenti e che una moderata inflazione duri più a lungo del voluto è certamente da mettere in conto – chiarisce Hamaui -. Di qua la necessità del governo Draghi di accelerare le riforme previste dal Recovery Plan e di augurarsi che la Banca centrale europea non legga il suo mandato alla stabilità dei prezzi in maniera rigida.”