Nelle scorse settimane gli elettori della capitale tedesca sono stati chiamati a rispondere a un quesito referendario sulla nazionalizzazione di una quota del patrimonio residenziale cittadino di proprietà privata. Lo spoglio dei voti ha restituito un esito favorevole alla proposta. È la soluzione migliore del problema degli alti canoni?
A Berlino la grande maggioranza dei suoi oltre 4,5 milioni di abitanti vive in case per le quali paga un affitto. La grande diffusione della locazione caratterizza non solo la capitale tedesca ma tutto il paese, dove quasi la metà della popolazione non è proprietaria della casa in cui abita: più di quaranta persone su cento vivono in alloggi per i quali pagano un canone di mercato e otto su cento un affitto ridotto; per quasi un quinto degli inquilini, l’affitto assorbe almeno il 40% del loro reddito e la metà di essi è a rischio di povertà. I problemi sono più accentuati nella capitale, dove il mercato è dominato dalla netta prevalenza degli alloggi in locazione. Sono circa due milioni gli appartamenti che compongono il patrimonio di edilizia residenziale di Berlino. Di questi, 1,64 milioni sono dati in locazione e solo la restante parte è abitata dai proprietari.
Il problema principale della città è il livello degli affitti e il loro ritmo di crescita. Secondo le analisi riportate nel rapporto, il canone medio mensile di locazione di un appartamento nuovo di cento metri quadri supera i 2 mila euro e quello di uno esistente si avvicina a 1.250 euro. Non sono importi trascurabili, ma soprattutto fanno registrare significativi aumenti percentuali annui superiori rispetto all’inflazione nello stesso periodo e anche all’aumento medio del reddito degli inquilini. Secondo i promotori del referendum, la principale causa della lievitazione dei canoni va ricercata nella particolare struttura proprietaria degli immobili residenziali destinati all’affitto. Poco meno del 40% è di proprietà di compagnie private, con una forte concentrazione in poche grandi società immobiliari.
La proposta che gli elettori hanno approvato prevede proprio l’esproprio e la pubblicizzazione di tutti i patrimoni privati formati da almeno 3 mila appartamenti; in totale si tratterebbe di oltre 200 mila appartamenti. L’ultima parola spetta al governo della città-stato di Berlino che dovrebbe approvare una legge per dare corso all’esito della consultazione. Difficilmente lo farà, dato che quasi tutti i partiti non erano favorevoli all’ipotesi. E l’operazione potrebbe risultare proibitiva per le casse della città, il cui governo stima in 36 miliardi di euro il risarcimento da riconoscere ai proprietari.
“Ammesso sia possibile superare l’ostacolo finanziario, resterebbe da valutare se l’esproprio è la strada migliore per la soluzione del problema – spiega Raffaele Lungarella su lavoce.info -. I grandi patrimoni, detenendone una quota rilevante, fanno il mercato e stabiliscono il livello dei canoni, cui poi si ancorano anche i piccoli proprietari e i singoli privati nelle loro richieste di affitto. Gli alti canoni riflettono, però, anche uno squilibrio tra offerta e domanda di alloggi. Si potrebbe pensare che i grandi gruppi proprietari non offrano una parte dei loro patrimoni per far lievitare i canoni artificialmente. Ma se lo squilibrio è strutturale, l’esproprio del patrimonio esistente rischia di aggravarlo, poiché disincentiva gli investimenti per la realizzazione di nuovi alloggi e non favorisce l’ampliamento dell’offerta di quelli in locazione. Anziché calare, come si proponevano i promotori del referendum berlinese, con la pubblicizzazione degli alloggi i canoni potrebbero aumentare. L’effetto finale del referendum sarebbe l’opposto di quello sperato.”