La presidente della Commissione europea in poco più di 24 ore ha cestinato quella che era stata giudicata un’apertura al presidente statunitense per la liberalizzazione dei brevetti per la produzione del vaccino contro il Covid-19.
“Penso che dobbiamo essere aperti alla discussione sulla deroga alla proprietà intellettuale ma deve essere fatta a 360 gradi. Perché i vaccini ci servono ora per il mondo intero. Sul breve termine la deroga alla proprietà intellettuale non risolverà i problemi, non ci porterà una singole dose”. Parole molto chiare quelle pronunciate da Ursula von der Leyen al termine del Social summit di Porto.
“Ciò che è necessario nel breve e medio termine è la condivisione dei vaccini, l’export delle dosi che vengono prodotte e l’investimento nell’aumento della produzione - ha evidenziato -. L’Ue ha cominciato il suo meccanismo di condivisione dei vaccini, per esempio con 650 mila dosi per i Balcani Occidentali.”
La vera battaglia per von der Leyen resta l’export. “L’Ue è l’unica regione democratica di questo mondo che sta esportando a larga scala - ha rivendicato -. Circa metà delle dosi che vengono prodotte in Europa vengono esportate verso quasi 90 Paesi, compreso il meccanismo Covax. Finora 200 milioni di dosi sono state esportate e circa 200 mln sono state consegnate agli europei. Noi invitiamo tutti quelli che sono impegnati nel dibattito sulla liberalizzazione dei brevetti di unirsi a noi per esportare in grande quantità come facciamo noi. Occorre investire nella capacità produttiva, anche in Africa, per aumentare la produzione.”
L’Ue placa così l'entusiasmo verso la liberalizzazione dei brevetti. Soluzione chiesta in sede Wto da Sudafrica e India, a cui hanno aperto le porte anche gli Stati Uniti. Da molti viene ritenuta la chiave di svolta per aumentare la capacità di produzione delle dosi e farle arrivare anche ai Paesi in via di sviluppo. Ma per Bruxelles non è così.