La diminuzione dei tassi di natalità ha influito in modo pesante sul fallimento della catena di negozi Toys R Us: un significativo calo del numero di neonati nel mercato di riferimento ha eroso i risultati operativi dell'azienda, a questo vanno aggiunti la complessa posizione debitoria di Toys e la concorrenza agguerrita di Amazon, Walmart e Target.
Il trend negativo dei tassi di natalità potrebbe colpire, in futuro, anche aziende che si rivolgono ai consumatori di tutte le età. Si tratta di una questione di tempo: perché la prossima generazione di bambini che ha fatto crollare le vendite del colosso americano del giocattolo sarà presto adulta e dovrà guidare la crescita economica degli Stati Uniti.
A partire dalla Grande Recessione le nascite sono diminuite costantemente negli Usa e hanno raggiunto il punto più basso mai registrato nel 2016. Anche i tassi di fertilità negli Usa sono ai minimi storici. Ecco perché la crisi di Toys R Us riguarda anche il resto dell’economia: in definitiva la crescita economica è estremamente difficile in assenza di incremento demografico.
La voce di quoted
Alla base della crisi di Toys R Us non c’è solo la decrescita demografica: il colosso del giocattolo, già in amministrazione controllata, andrà in liquidazione e chiuderà gli 800 negozi americani e (probabilmente) anche i 1.600 presenti in tutto il mondo. Potrebbero subire il licenziamento i 33mila dipendenti negli Usa, al pari dei 60mila comprensivi delle filiali estere. Questo a causa di operazioni finanziarie spregiudicate che hanno messo a rischio il bilancio, caricando un conto annuale di 400 milioni di dollari sull’azienda e drenando risorse per il rilancio della strategia di mercato per contrastare Amazon e Wal-Mart. Il fallimento poteva forse essere evitato: Toys R Us detiene ancora il 17% del mercato statunitense di riferimento, non poco visto che la torta complessiva è pari a oltre 20 miliardi di dollari. Non solo crisi demografica, dicevamo: in questo fallimento c’è di mezzo un bel pò di alchimia finanziaria.