Il governo francese ha annunciato il ritiro “provvisorio” dal progetto di legge per la riforma delle pensioni del punto che creava più problemi con i sindacati, l’instaurazione di un’età di equilibrio a 64 anni per ottenere la pensione a tasso pieno.
Eppure il presidente Emmanuel Macron nel suo discorso alla nazione di fine anno si era mostrato irremovibile: “La riforma delle pensioni sarà portata a termine” aveva tuonato.
La riforma prevede ad esempio che i lavoratori dipendenti possano versare contributi estremamente ridotti per le porzioni di salario eccedenti i 10mila euro al mese. Ad oggi i dipendenti francesi versano il 28% del loro stipendio per la pensione. Questi contributi sono per il 17% a carico dell’azienda e per l’11% a carico del lavoratore. Ciò fino però a 324mila euro lordi all’anno (27mila euro lordi al mese).
Al di là di questa soglia, si versa il 2,3%, senza però ricevere alcuna contropartita: si tratta di un meccanismo di redistribuzione della ricchezza. Come ha sottolineato l’economista Thomas Piketty, la riforma punta ad abbassare fortemente questa soglia, arrivando a soli 10 mila euro lordi al mese, con contributi al 28%; oltre, scenderanno al 2,8%.
Quello che il governo ha presentato come uno degli elementi di solidarietà, di fatto, rappresenta un vantaggio non da poco conto per i dipendenti con alti salari (che tuttavia riceveranno una pensione inferiore) e, soprattutto, per le aziende.