La Francia apre un’inchiesta per “occultamento di crimini contro l’umanità” nei confronti di quattro colossi dell’abbigliamento accusati di sfruttare il lavoro degli uiguri, la minoranza musulmana che vive nel nordovest della Cina.
Uniqlo France, del gruppo giapponese Fast Retailing, ma anche la spagnola Inditex (proprietaria dei marchi Zara, Bershka, Massimo Dutti), SMCP (tra cui Sandro, Maje, de Fursac) e il produttore di scarpe sportive Skechers sono tra i marchi oggetto dell’indagine aperta a fine giugno, dopo la denuncia dall’associazione anticorruzione Sherpa, insieme al collettivo Ethique sur l’etiquette, e l’Istituto Uiguro d’Europa.
Le associazioni accusano i marchi di commercializzare prodotti fabbricati in parte o nella loro interezza nelle fabbriche in cui la minoranza musulmana viene sottoposta a lavoro forzato. Per questo motivo la situazione degli uiguri è motivo di un confronto sempre più aspro tra Occidente e Cina. Diversi Paesi, tra cui gli Usa (che dal canto loro sono stati accusati da Putin di non aver ancora chiuso Guantanamo), evocano un genocidio, mentre numerose Ong accusano Pechino di aver internato dal 2017 oltre un milione di uiguri in centri di rieducazione. La Cina smentisce assicurando che si tratta di “centri di formazione professionale” per allontanarli dalla radicalizzazione islamica.
Diverse multinazionali (tra le quali la stessa Uniqlo) come H&M, Nike e Adidas si sono impegnate lo scorso anno a boicottare il cotone dello Xinjiang e sono a loro volta oggetto di appelli al boicottaggio da parte di Pechino. In realtà, c’è un rovescio della medaglia. Le importazioni statunitensi di cotone dallo Xinjiang sono raddoppiate nei primi tre mesi del 2021. Il ministero del Commercio degli Stati Uniti ha registrato un aumento del 113% dall’anno precedente nei primi tre mesi del 2021, pari a 64.4 milioni di dollari.