Solo bus elettrici. È l’ultima drastica decisione presa dallo Stato della California in merito al trasporto locale. A partire dal 2029 potranno essere acquistati soltanto mezzi elettrici. Si stima che la norma consentirà di evitare di immettere nell’atmosfera circa 19 milioni di tonnellate di gas serra dal 2020 al 2050, l'equivalente di quanto prodotto da quattro milioni di auto. D’altronde sono 12.000 i bus circolanti sulle strade californiane. Gli ambientalisti ritengono che il provvedimento potrebbe stimolare il passaggio all’elettrico anche per altri tipi di veicoli di grandi dimensioni. Ma la svolta “zero emissioni” non è un percorso che porta dritto in Paradiso. Serve innanzitutto una quantità crescente di litio, il cui prezzo dal 2016 è raddoppiato da quando è esplosa la corsa sfrenata alla ricerca del prezioso minerale.
Proprio nelle settimane in cui la California stava prendendo la decisione sul definitivo passaggio all’elettrico, a molte migliaia di chilometri più a sud, un’azienda tedesca (Advanced Clean Innovations, ACI) si aggiudicava la più grande riserva al mondo di litio. In un luogo, quello sì, paradisiaco: il lago salato sulle Ande boliviane, il Salar de Uyuni, ricco del minerale alcalino fondamentale per le batterie. La notizia, già di per se rilevante, include una nota inaspettata: la protagonista di un’acquisizione così strategica è una piccola società, che ha costituito una joint venture con un’impresa statale boliviana, YLB, e battuto più di una dozzina di concorrenti potendo contare su un fatturato annuale di “appena” 25 milioni di euro. Può vantare però su un portfolio di primo livello: annovera tra i clienti Volkswagen, BMW, Bosch, il produttore di lenti Zeiss e quello di chip ASML. La tedesca ACI entra così a far parte del gotha internazionale dei produttori di litio formato da quattro colossi: gli statunitensi Albemarle e Livent, il cinese Tianqi e il cileno SQM.
Un accesso diretto a un’importante materia prima suona come una manna dal cielo anche per l’industria automobilistica tedesca che sta pompando miliardi di euro nello sviluppo di auto elettriche: la sola VW stima di venderne ogni anno da 2 a 3 milioni entro il 2025. Ma proviamo a fare due conti. La joint venture inizialmente investirà 300 milioni di euro per produrre 40.000 tonnellate di litio entro il 2022, sufficienti a costruire batterie per un massimo di 800.000 auto con un'autonomia di oltre 300 chilometri. Il progetto, che prevede di sfruttare le riserve boliviane per 70 anni, è tuttavia impegnativo anche perché il lago si trova ad un'altitudine di 3.656 metri dove l'acqua e l'energia scarseggiano. Per i colossi tedeschi ne vale comunque la pena visto che all’orizzonte si fa concreta la possibilità di produrre in Germania le batterie, il cui mercato mondiale è al momento concentrato in Cina, Giappone e Corea del Sud. Anche il governo guidato da Angela Merkel ha fiutato l’opportunità di interrompere la dipendenza dai fornitori asiatici e il ministro dell'Economia, Peter Altmaier, ha detto di voler mettere sul piatto fino a un miliardo di euro per promuovere la produzione domestica di batterie.
I due fatti riportati in questo articolo – l’ennesimo passo in avanti della California e l’acquisizione del principale giacimento di litio - rappresentano in qualche modo le due facce della stessa medaglia. Da un lato il passaggio all’elettrico, dall’altro la spasmodica ricerca del minerale imprenscindibile per le batterie. Che ripropone, al contempo, l’annosa questione dello sfruttamento delle materie prime e dei mercati oligopolistici che le regolano. E anche della quantità di materia prima effettivamente disponibile sul Pianeta: ci sarà abbastanza litio per immaginare un mondo che va con un motore elettrico anziché a scoppio?
C’è, poi, un altro nodo. È necessaria anche una quantità ingente di energia per la nuova mobilità “silenziosa”. Il che ci riporta alla California. Per rendere pienamente sensate le scelte a favore dell’ambiente, e auspicare che anche altri paesi seguano l’esempio, occorrerà evitare di ritrovarsi nella condizione in cui l’energia nucleare diviene l’unico modo per rispondere al crescente fabbisogno mondiale di energia. Sarebbe, invece, più logico puntare sulle rinnovabili. A condizione di investire molto più di quanto fatto finora.
Questo articolo è stato precedentemente pubblicato su LA STAMPA