La polvere sotto il Tap

Dopo anni di opposizioni locale e anche politiche, il gasdotto della discordia è pronto: consente di aprire una nuova fonte di approvvigionamento di gas naturale, riequilibrando il peso delle forniture troppo sbilanciato a favore della Russia

La polvere sotto il Tap

Sul tracciato del gasdotto c’erano gli ulivi. Sono stati espiantati, presi in cura e rimessi a dimora. Questo per la parte a terra del tracciato, negli 8 chilometri dalla spiaggia di Melendugno, in Salento, fino al raccordo con la rete nazionale. Ma lo stesso è avvenuto per il tratto a mare. Sono solo alcuni degli interventi di tutela ambientale a cui è stato sottoposto il Trans Adriatic Pipeline, al quale si è a lungo opposto il Movimento 5 Stelle.

Ma di cinque anni di battaglie è rimasto solo uno strascico giudiziario. Non più l’opposizione politica. Ora il M5s è al governo che ha autorizzato i lavori conclusivi. Così, il gasdotto è pronto per trasportare in Italia, e da qui nel resto d’Europa, fino a 20 miliardi di metri cubi di gas l’anno provenienti dai giacimenti dell’Azerbajian: il consorzio di imprese che ha dato vita al Tap ha poi provveduto alla realizzazione del tratto che per 878 chilometri attraversa la Grecia, l’Albania e per finire passa l’Adriatico (immergendosi fino a 810 metri di profondità). Il tutto al costo di 3,9 miliardi. Tuttavia l’investimento non preoccupa i soci del Tap: la società di stato azera Socar che ha una quota del 20%, il fondo belga Fluxys (19%), la spagnola Enagas (16%), la britannica Bp (20%), la svizzera Axpo (5%) e Snam (20%).

In realtà non tutti scommettono su questa opera. Il fatto che la domanda di gas naturale fosse in calo già prima della pandemia ha fatto sorgere il dubbio che il Tap sia una infrastruttura arrivata troppo tardi. Tenendo anche conto che entro il 2050, gli idrocarburi non dovranno più essere usati nel settore energetico e dei trasporti. E qui entra in gioco la politica. Il Tap consente di aprire una nuova fonte di approvvigionamento di gas naturale, riequilibrando il peso delle forniture troppo sbilanciato a favore della Russia: il colosso Gazprom copre oltre un terzo del fabbisogno dei paesi dell’Ue.

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