Non si ferma la corsa dei prezzi del gas: sul mercato europeo ha raggiunto (nei giorni scorsi) un nuovo massimo a 162 euro a megawattora, tornando ai livelli del marzo scorso e raddoppiando il suo valore da inizio giugno.
Allo stesso tempo, il petrolio ha preso la direzione diametralmente opposta: il greggio è tornato ai livelli del marzo scorso, ma da inizio giugno ha perso circa il 20% e ieri sul mercato americano è tornato sotto la quota dei 100 dollari.
Tra le motivazioni alla base di una fluttuazione dei prezzi disallineata, ci sono alcuni aspetti ‘pratici’. Il petrolio può essere facilmente consegnato tramite navi cisterna, non solo condutture, e non è complicato trovare nuove forniture sul mercato mondiale. Il gas è, al contrario, un’altra storia.
Tanto per cominciare, poiché la maggior parte dei produttori di gas naturale opera con contratti a lungo termine con gli acquirenti, c’è poca capacità di produzione inutilizzata al di fuori della Russia. Inoltre, ci vogliono fino a quattro anni per lanciare nuovi progetti, e farlo ha senso commerciale solo se il cliente è disposto a firmare un contratto di 20 anni. Tutto ciò significa che, nel breve periodo, la fornitura di gas naturale è quasi fissa.
Il gas naturale è infine costoso da trasportare e difficile da immagazzinare. Al momento, il commercio di petrolio presenta decisamente meno ostacoli.