Gli storici sono spesso tentati di pensare che gli eventi del passato ritornino in modo ciclico. Lo storico greco Tucidide fu probabilmente il primo a proporre questa concezione ciclica della storia nella sua narrazione della guerra del Peloponneso. Ma anche la storia del pensiero economico non è immune da questa tentazione, specialmente quando si tratta di austerità.
Nel 1989 Peter Hall pubblicò un libro per identificare le cause che ostacolarono l'adozione delle idee di Keynes, basate sul presupposto di aumentare la spesa pubblica durante le fasi recessive, all'indomani della Grande Depressione del 1929. Con tempi diversi, tuttavia, questi ostacoli si sono indeboliti e le politiche keynesiane sono diventate utili strumenti per far fronte alle crisi in tutte le economie avanzate. Almeno fino all’ultima grande recessione, quando la visione della storia di Tucidide è tornata di moda, riportando sulla scena non solo l’austerità, ma anche una rinnovata opposizione alle idee keynesiane, considerate ormai obsolete.
Le somiglianze tra i dibattiti delle due crisi sembrano suggerire che la visione della storia di Tucidide possa valere anche per l'austerità. Il fattore chiave è la fiducia (verso ciò che si crede giusto), che ora sembra di nuovo, seppur lentamente, spostarsi nella direzione suggerita dai keynesiani, come successe, tardivamente, negli anni '30. E il governo appena formato in Italia sembra confermare questa tendenza. Ma ciò significa che dovremmo cominciare a preoccuparci del possibile successivo ritorno dell'austerità? La risposta dipende ancora una volta dalla fiducia, una variabile che gli economisti non possono né osservare né prevedere, ma i cui effetti sono estremamente rilevanti per l'economia.