Quello che sappiamo sull’inflazione non è vero

La gestione dell’inflazione richiede scelte distributive importanti, che non spettano soltanto ai banchieri centrali. Bisogna decidere chi deve pagare il conto

Quello che sappiamo sull’inflazione non è vero

L’inflazione si misura nelle statistiche, ma il suo impatto reale si misura anche sulla base dei consumi individuali e categoriali: se aumenta il prezzo di alcuni beni o servizi con un’alta frequenza d’acquisto – come il caffè o il biglietto della metro – l’effetto dell’incremento dell’inflazione è evidentemente più rilevante anche se, nel frattempo, prezzi che sperimentiamo più di rado (come quelli di smartphone o bici elettriche) scendono.

Anche per questi motivi, la gestione dell’inflazione richiede scelte distributive importanti, che non spettano soltanto ai banchieri centrali. Si può combattere l’inflazione scoraggiando l’adeguamento dei salari, per evitare la temuta spirale che adegua i compensi e così finisce per spingere i prezzi. Oppure si può favorire la concorrenza, ridurre il potere di mercato di aziende e corporazioni, scoraggiare la rendita come quella immobiliare attraverso la tassazione, in modo da uscire dalla fase di inflazione con una società più equa. Bisogna, insomma, decidere chi deve pagare il conto

In tal contesto si innesta l’intelligenza artificiale: da un lato, le nuove tecnologie potrebbero avere un effetto simile a quello della globalizzazione e aumentare la concorrenza, con una conseguente riduzione dei prezzi. Nel più roseo degli scenari, l’AI potrebbe favorire una crescita dei salari motivata dall’aumento di produttività, quindi una crescita sana e non inflattiva. Dall’altro lato, però, la nuova ondata di innovazione tecnologica si fonda su materie prime scarse (tra cui litio, grafite, cobalto) che possono innescare dinamiche inflazionistiche analoghe a quelle rilevate con le fonti fossili. E poi ci sono colli di bottiglia nella produzione di semiconduttori che possono generare altri shock di prezzo.

La Bce ora dice che l’inflazione tornerà al 2 per cento nel 2025. In verità, sembra più un auspicio che una aspettativa realistica, visto che finora il futuro si è rivelato sempre molto diverso dalle attese e che in quasi due anni possono esserci molti altri shock capaci di alterare gli equilibri. Inoltre, alcuni fattori strutturali della nuova inflazione rimarranno e si faranno sentire ancora di più: demografia, crisi della globalizzazione e transizione ecologica.

Per approfondire concetti e argomentazioni riportate in questo post si consiglia la lettura dei libro di Stefano Feltri ‘Inflazione. Cos’è, da dove viene e come ne usciremo’ (Utet, 2023), che affronta la genesi, la storia e le prospettive di un problema che ha già messo sotto scacco le economie mondiali negli scorsi decenni.

Fonte
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